Pasqua è solidarietà: il futuro si costruisce insieme – 19/04/2025 – ilticino.it

Pasqua non è una semplice festività, né, per chi crede, una semplice ricorrenza cristiana: è un tempo storico, un po’ come l’aoristo nella lingua greca. È un modo d’essere. È un modo di interpretare la vita e una chiave di lettura del mondo e della realtà che ci circonda. È anche la capacità di cogliere il bene e il bello che può esservi nell’esistenza e in ogni circostanza della vita. In un periodo storico ove la riflessione sembra, al pari dell’amore per la cultura, non più apprezzata, occorre ripensare all’essere umano, considerando quale può essere un’adeguata forma di linguaggio. In un mondo ove le tenebre e l’irrazionale sembrano avere preso il sopravvento, occorre riaffermare con decisione il ruolo della ragione, ragione intesa però non già quale l’illuministica “dea Ragione”, ma piuttosto quale intelligenza orientata al perseguimento del bene (S.Tommaso D’Aquino). L’essere umano è una creatura di ragione, come ci ricorda Dante: “fatti non foste a vivere come bruti ma a perseguire virtute et canoscenza”. Ecco allora il significato più profondo della razionalità umana, l’inclinazione al bene, anzi, per riprendere Platone, al Bene. Questa nobile accezione di essere umano come creatura di ragione era ben presente anche nella celebre massima di Protagora: “l’uomo (inteso come essere umano) è misura di tutte le cose”. Protagora stava a significare che è l’essere umano, con le proprie facoltà intellettuali, ad avere, solo tra gli animali, il privilegio di poter interpretare il mondo e la vita. Questa capacità di interpretazione diventerà tuttavia un limite nella filosofia di Kant, traducendosi in una visione già prospettata, secondo “occhiali” che ci forniscono una visuale solo parziale della realtà. Di lì a poco la parabola discendente della scienza, con il fallibilismo popperiano. Ma l’essere umano non è solo “scienza”, come asserivano i positivisti, ma anche “sentimento”, “emotività” e “intuizioni”, elementi fatti propri dalla grande letteratura romantica dell’800′ (in particolare si ricordi il capolavoro di Goethe, “I dolori del giovane Werther”). La storia dell’umanità probabilmente si basa su questo sempiterno dualismo: la mente da un lato, il cuore dall’altro. Così, dopo lo storico e letterario confronto dialettico tra “l’uno secolo contro l’altro armati”(Manzoni), ossia il 700′, con l’Illuminismo, e l’800′, con il Romanticismo, sembra che l’anima sia uscita dal corpo…e così i grandi dubbi del secolo scorso, rappresentati prima dall’incertezza esistenziale del “Viandante nel mare di nebbia”, poi dai dubbi scettici di Shopenhauer e da quelli nichilistici di Nietzsche, per infine pervenire a “L’Urlo” di Munch e a “Guernica” di Picasso. Ma il secolo scorso è stato anche un secolo di grandi discussioni ed elaborazioni giuridiche e scientiche, e non solo. È stato il secolo della nascita del diritto internazionale contemporaneo, con la Convenzione di Vienna sui Trattati, la Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo, la Convenzione di Istanbul e molte altre Grandi Carte Sovranazionali.  È stato il secolo che ha visto la nascita di importanti organizzazioni internazionali, come l’ONU. Il secolo della scoperta della legge della relatività e di molte importanti normative nazionali, come la Costituzione, gli odierni codice civile e codice penale, come la legge sul divorzio e lo statuto dei lavoratori. È stato il secolo del crollo del muro di Berlino e dell’elaborazione di principi universali di uguaglianza, solidarietà e rispetto reciproco. E questo nel quale viviamo? Quale secolo vogliamo che sia? Quale forma sostanziale vogliamo conferirgli? Probabilmente la risposta è rimessa a tre elementi: volontà, ragione e scelta. I primi due formanti concettuali a monte, la terza positiva determinazione a valle. La scelta appunto, quella scelta che tanto può angisciare, perché l’una alternativa esclude l’altra (Keerkegard) e solo a posteriori si saprà quale è stata quella corretta. E tuttavia, a guidare la scelta stanno volontà e ragione, congiuntamente considerate, energie complementari che bene giustificano, se saggiamente inverate, quella celebre affermazione di Protagora di cui poco sopra si è detto. La saggezza appunto, l’intelligenza pratica e del caso concreto (Aristotele), la quale non può prescindere dall’umiltà e dell’onestà intellettuale, da quelle “humilesquae myricae” che bene danno il senso di come vada vissuta la vita: rispettando ogni forma di essa, ogni sua manifestazione. Proprio il rispetto è forse ciò che manca nell’epoca contemporanea e che allora è da riscoprire quanto prima. Il secolo in cui viviamo è stato un secolo di eventi di grande negatività: la pandemia di Covid 19, la guerra in Ucraina e quella in Palestina, oltre a grandi crisi economiche. Ecco allora che, proprio a fronte di tali criticità, occorre una risposta unita e coesa, che deve necessariamente partire dalla collettiva e comune volontà di far tornare in auge quella massima di protagoriana memoria sopra citata: l’essere umano come misura di tutte le cose. L’essere umano da intendersi tuttavia non già quale al centro dell’universo, quale nietszchiano “superuomo”, quanto piuttosto come parte di un tutto, quale sola creatura dotata di una razionalità tale da consentirgli di interpretare l’esistente e, con le proprie determinazioni positive, di cambiarlo, si spera, in meglio.