OGGI il gip Annamaria Oddone deciderà se convalidare il fermo di Carlo Lissi. Lui, ieri, si è avvalso della facoltà di non rispondere mentre in serata, a Motta Visconti, tanta gente è scesa in strada per una fiaccolata in memoria di Maria Cristina Omes, che aveva 38 anni ed è stata colpita da sei coltellate – quattro al collo, una al torace e una a un braccio – e dei suoi bambini Giulia, di quattro, e Gabriele, venti mesi, entrambi colpiti una volta al collo secondo i risultati dell’autopsia all’Istituto di medicina legale di Pavia. Non ha risposto, Lissi, eppure nella caserma dei carabinieri in paese, domenica sera, aveva smesso di mentire arrendendosi davanti ai tanti gravi indizi che portavano tutti a lui, sentendosi incastrato dall’urlo di sua moglie riconosciuto dalla vicina di casa, dalle dichiarazioni dei suoi amici tutti stupiti della sua scelta di andare a vedere la partita dell’Italia con loro invece di restare a casa. Non lo aveva mai fatto, proprio per stare con la sua famiglia, hanno spiegato. Aveva iniziato a confessare tutto agli inquirenti premettendo di volere per sé «il massimo della pena». Invece, l’avvocato che adesso lo difende, Corrado Limentani, molto probabilmente chiederà per lui una perizia psichiatrica «per capire cosa è successo nella sua mente, cosa non gli ha impedito di realizzare il pensiero di uccidere i suoi cari». La strategia difensiva metterebbe in dubbio la confessione resa da Lissi nella caserma dei carabinieri, che ha portato al suo fermo. Il presupposto è che quelle “dichiarazioni spontanee” siano state rese in uno stato di «assoluta confusione mentale» che non avrebbe consentito di rispecchiare ancora la realtà. Spiega l’avvocato che Lissi «è tuttora sotto shock, assistito da uno psichiatra. Sono tre giorni che piange, piano piano sta realizzando cosa è successo: si è avvalso della facoltà di non rispondere proprio perché non ha ancora la lucidità per spiegare i fatti».
La sua ricostruzione, nella quale ha spiegato il movente dicendo che non era più felice con sua moglie e che voleva chiudere la relazione liberandosi di tutto e di tutti, combacia con i riscontri sulla scena del crimine. Lissi ha detto cose che solo l’assassino poteva sapere. La successiva messinscena della rapina è chiara anche perché lui crea senza logica un disordine diffuso in casa: apre la cassaforte con combinazione a 6 cifre, butta per terra un quadro e per aria una cassettiera della sala da pranzo, rovescia le borse di sua moglie lasciando un portafoglio rosso sul tavolo con all’interno una banconota da 50 euro, abbatte un mobiletto, rovescia dei giocattoli e poi la biancheria in camera senza aprire anche gli armadi.
La scena nella villetta si presentava terribile agli inquirenti, tanto che il procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, vuole ringraziare i carabinieri che «pur gravati da forti sensazioni a livello emotivo sono stati bravissimi. Hanno saputo fare il proprio dovere con padronanza della situazione».
Sabato a Motta Visconti sarà lutto cittadino per gli ottomila residenti, in tanti già scesi per le strade ieri sera per una fiaccolata in memoria delle vittime. Alle 10 i funerali saranno celebrati dal parroco don Gianni Nava nella chiesa di San Giovanni Battista, dove Carlo e Maria Cristina si erano conosciuti anni fa, quando lei faceva l’animatrice e cantava nel coro mentre lui giocava nella squadra di pallavolo dell’oratorio. Tutte attività passate, finite dopo la nascita della prima bambina, Giulia. La parrocchia ieri ha ricevuto dalle segreterie del Papa e del cardinale Scola un messaggio da girare alle famiglie di Carlo e Maria Cristina: «Il Papa e l’arcivescovo — spiega don Gianni Nava — hanno fatto sapere che pregano e sono vicinissimi alle famiglie sconvolte da questo tragico avvenimento che segna tutta la nostra comunità che vive questo sconforto e dolore ». Don Gianni, che aveva conosciuto Carlo e Maria Cristina l’anno scorso in occasione del battesimo del piccolo Gabriele, ha già incontrato i genitori di Carlo Lissi, Francesco e Pia. Anche loro frequentano la parrocchia, fanno i volontari: «Sono distrutti. Non pensavano di avere un figlio capace di fare una cosa del genere. Lui si era tenuto tutto dentro, non si era mai confidato. Li ha sconvolti. Io ho detto loro che appena ci saranno le condizioni intendo andare a trovare Carlo in carcere».
Oltre all’accusa di triplice omicidio volontario della moglie e dei due figli, la procura individua pesantissime aggravanti che configurano l’ergastolo, come la “minorata difesa” per le vittime (nessuna poteva difendersi, anche se la moglie aveva tentato di scappare dopo la prima coltellata) e la premeditazione. Oggi nella villetta sopralluogo dei Ris, mentre i carabinieri sentono ancora i conoscenti di Lissi.
Simone Bianchin
19 giugno 2014