Sembra che al giorno d’oggi la sensibilità umana si palesi come uno di quegli antichi verbi italiani caduti in disuso, forse perché “passata di moda”, forse perché non produttiva di utilità, in termini di tornaconto personale, in un tempo storico dove sembrano prevalere l’individualismo e l’utilitarismo in senso stretto. Non ci si avvede però che un beneficio fatto agli altri è in primo luogo un beneficio fatto a noi stessi. E infatti, dietro la massima “gli altri sono noi”, sta un universo di significati, tutti volti a condurre verso un’unica incontestabile verità: che nessuno può vincere da solo le sfide che a tutti noi la vita pone. Così, non solo è bene e doveroso farsi manifestazioni di altruismo e solidarietà, ma è anche utile. Gesti di amore, affetto e altruismo meritano certamente le persone con disabilità. Le persone con disabilità sono infatti persone di grande umanità e sensibilità, espressioni di una dolcezza superiore alla media di quella umana e che ha qualcosa di comune con la bellezza angelica. La bellezza, come ci ricorda Platone, non si misura infatti solo in bellezza estetica, ma anche e soprattutto in bellezza morale, in bontà e umanità. L’umanità a sua volta non rimane, né deve rimanere una mera formula astratta, scolpita nelle parole di autori dell’antichità, come Terenzio – “sono un essere umano e non posso non preoccuparmi di tutto ciò che è umano – o come il giurista Celso – secondo cui il diritto è l’arte del buono e dell’equo. L’umanità non si limita a ciò ma vive, come deve vivere, nei cuori degli esseri umani, quale legge morale scritta nei nostri cuori. Leggere allora di comportamenti di indifferenza o, peggio, di accanimento, verso bambini autistici o verso vittime di bullismo o, ancora, verso anziani o persone affette da patologie croniche, deve senza dubbio far destare la nostra coscienza e muoverci a riaffermare con decisione e vigore il valore della Giustizia. La giustizia non è infatti solo quella praticata nei tribunali, è anche quella posta in essere nelle relazioni sociali, umane e lavorative. Così, per essere persone giuste, occorre essere persone moralmente oneste e trasparenti, e dunque persone sensibili e umane, occorre cioè dimostrare la nostra autenticità morale, il nostro senso di umanità e dunque il nostro senso di giustizia, nonché il nostro amore per la legalità, e dunque per la comunità. Coinvolgere la nozione di legalità, lungi dal costituire un’astrazione teorica, costituisce invece il cuore della vita nella società civile, la quale decliniamo tutti i giorni, vuoi consciamente vuoi inconsciamente. Ma c’è di più: la sensibilità è espressione di legalità e la legalità costituisce manifestazione di sensibilità. È proprio così: come in un circolo ermeneutico, come in una sorta di eterno ritorno, la sensibilità, nella misura in cui viene posta in essere, rappresenta la misura del nostro senso di legalità, quale amore per la comunità e onestà morale. Del pari, è innegabile che le norme giuridiche, se lette con attenzione, racchiudono un profondo significato etico, il quale siamo chiamati a porre in essere e a scolpire nel nostro spirito. Ecco allora che dimostrare dolcezza e affetto verso una persona autistica o disabile o intervenire in sua difesa, magari affrontando da soli una decina di bulli, è non solo atto doveroso, ma atto positivo per la nostra spiritualità, poiché il bene che facciamo è bene che riceviamo e poiché dietro quella persona offesa sta l’immagine dello Stato, inteso quale Stato-comunità. Non è un caso se nel Vangelo viene detto “chi farà una cosa buona per un mio fratello, la farà a me” e se, del pari, viene punito severamente il servo infedele, chi cioè si fa forte con i deboli e debole con i forti o chi compie gesti di favore per mero tornaconto personale. Chi infatti compie ingiustizie nel poco, lo farà anche nel molto e la pena per lui sarà assai severa. Ecco allora che per non mostrarci deboli, insicuri, vigliacchi, e soprattutto per adempiere a inderogabili doveri di solidarietà (art. 2 Cost.), per mostrare a noi stessi di essere meritevoli e creature dotate di ragione, ossia di intelligenza orientata al bene, è per noi un dovere, in primo luogo impostoci dalla nostra interiorità, dalla nostra coscienza e dalla nostra legge morale, mostrare amore verso chi è meritevole di esso, perché persona più vicina alla categoria degli angeli che a quella degli esseri umani, come le persone autistiche, portatrici di handicap o di disabilità, dotate di una inarrivabile bontà e incapaci di provare sentimenti di vendetta, non perché non capaci di provare dolore, ma perché incapaci di ferire. Ecco allora che avere accanto a sé queste persone, lungi dal costituire un elemento di sfortuna, ne rappresenta piuttosto uno di arricchimento morale e di crescita di coraggio, senso etico e umanità.
