«Aiuti gli altri, poi ti lasciano sola» Lo sfogo in rete di Maria Cristina

Gli amici: una coppia affiatata, si conoscevano da sempre. Mai un litigio in pubblico Sono cresciuti nello stesso paese e nessuno ricorda di aver mai assistito a uno screzio

«Anche se nella vita tu ci sei per tutti non è detto che tutti ci siamo per te». Eccola Maria Cristina Omes, la mamma della piccola Giulia e di Gabriele, due anni ancora da compiere. La sua bacheca Facebook riporta la data di giovedì 5 giugno. Parole scritte di getto, dieci giorni prima che un assassino si porti via lei e tutto quello che in questi 38 anni aveva costruito. Una famiglia, due figli, la felicità ritrovata dopo la morte del papà, la voglia di una vacanza, l’influenza e la febbre fuori stagione che proprio non vuole scendere. Sono parole semplici, come quello sfogo che forse è solo il frutto di una giornata difficile al lavoro. Forse solo l’ansia di una mamma innamorata di quei bambini «dono del Signore», per lei così legata alla parrocchia in cui era molto attiva e sempre disponibile a organizzare le gite. Giulia, 5 anni e mezzo, la scuola materna, i primi amici. Poi Gabriele, arrivato venti mesi fa, i giochi in cortile, la casa di plastica accanto al gazebo con i tavolini e le sedie per cenare fuori, tutti insieme.

E poi papà Carlo, il suo lavoro tra computer e finanza, quella differenza di sette anni di età che mai, dal giorno del matrimonio, e ancora prima durante la convivenza nella vecchia casa di famiglia di via Matteotti, era sembrata un ostacolo. Ora Carlo Lissi è sotto interrogatorio, perché è lui che ha trovato i corpi senza vita di Maria Cristina e dei suoi bambini. Quando il generale Maurizio Stefanizzi e i magistrati pavesi Gustavo Cioppa e Giovanni Benelli escono dalla caserma di Motta Visconti per andare a interrogarlo al comando di Abbiategrasso sono le sette di domenica sera. Ci sono punti da rivedere, l’inchiesta per ora non ha visto nessun indagato. Ma è quasi naturale che tutto parta da qui. Che il primo contesto ad essere scandagliato sia quello di questa famiglia felice.

Lissi sabato sera era arrivato a casa degli amici per vedere la partita della Nazionale intorno alle 23.15. «Era tranquillo, sembrava felice. Ha fatto il tifo, dopo l’incontro è tornato a casa da solo», ricorda Marco, 34 anni, proprietario del bar dove si ritrovava la compagnia di amici. «Cristina era solare, allegra e legatissima ai bambini». Carlo e Maria Cristina sono nati e cresciuti a Motta Visconti. Nessuno ricorda di averli visti litigare in pubblico. «Erano qui in strada, saranno state un paio di settimane fa – ricorda una vicina -. Carlo e Maria Cristina stavano insegnando a Giulia a pattinare. Erano l’immagine delle felicità». Il coadiutore della parrocchia di San Giovanni Battista, don Alessandro Suma, parla di mamma Cristina come di «una persona speciale». Alle 19,30 dalla caserma esce anche Giovanna Redaelli, la madre di Maria Cristina. I carabinieri la accompagnano verso la casa di via Matteotti. Un tempo Maria Cristina e Carlo vivevano qui. Poi dopo il matrimonio e la morte del padre di lei si sono trasferiti nella villa acquistata dai genitori con i risparmi di una vita. «Non c’erano problemi economici», dicono gli amici. Gelosia? «No, erano una coppia unita».

Sulla bacheca virtuale di mamma Maria Cristina ci sono le foto dei dolci preparati per il compleanno della piccola Giulia. C’è la gioia per l’arrivo di Gabriele, per «i primo otto mesi». E ci sono le foto del matrimonio con Carlo. Era il 20 ottobre 2008. Meno di un anno dopo nascerà Giulia: «Tanti auguri alla mia piccola stellina che oggi compie 4 anni», scrive il padre sul suo profilo. Il parroco don Gianni Nava ha ricordato Maria Cristina e i piccoli Giulia e Gabriele alla messa del mattino. «Erano tutti affranti e ho chiesto loro di osservare per la mamma e i piccoli, un momento sincero di silenzio e preghiere. Siamo tutti sconvolti».

Il dolore del paese si trasforma in un ordinato e composto via vai davanti alla villa di via Ungaretti. La strada è praticamente a fondo chiuso, qualcuno ricorda di furti avvenuti nelle ultime settimane. «Quindici giorni fa hanno tentato di entrare nella casa della dirimpettaia dei Lissi. Non c’è un sistema di videosorveglianza nel paese, questa sarà la nostra priorità. Così come vogliamo aumentare l’organico dei carabinieri della stazione di Motta, sono solo in sei», ripete il sindaco De Giuli. La campagna elettorale è ancora fresca. Ma quella che a uccidere madre e figli sia stata una banda di rapinatori man mano che il tempo passa somiglia, se possibile, quasi a una speranza: «Non è mai successo niente del genere. Questa è una famiglia felice, il mostro non può vivere qui».

Cesare Giuzzi e Francesco Sanfilippo

16 giugno 2014 | 08:04

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/14_giugno_16/aiuti-altri-poi-ti-lasciano-sola-sfogo-rete-maria-cristina-4589b940-f51b-11e3-ac9a-521682d84f63.shtml

Madre e due bambini uccisi in casa. Fermato il marito per omicidio

Le vittime sono una donna di 38 anni e i suoi piccoli, di 5 anni e mezzo e di 20 mesi. A fare la tragica scoperta, il padre rientrato dopo aver visto la partita dell’Italia da amici

Una donna di 38 anni, Maria Cristina Omes, e i suoi due figli, una bambina di 5 anni e mezzo, Giulia, e un maschietto di 20 mesi, Gabriele, sono stati trovati morti la notte tra sabato e domenica in una abitazione a Motta Visconti (Milano), in via Ungaretti 20. Il corpo della madre è stato trovato in soggiorno, quello della figlia nella sua stanzetta mentre quello del fratellino di 20 mesi sarebbe stato spostato sul lettone. A dare l’allarme, il padre, Carlo Lissi (31 anni), rientrato a casa alle 2 di notte, dopo aver visto la partita dell’Italia da un amico. L’uomo è stato sentito a lungo nella notte tra sabato e domenica dai carabinieri di Abbiategrasso prima di lasciare la caserma.shadow carousel

Le ferite

I corpi presentano ferite d’arma bianca al collo (probabilmente si tratta di un coltello) e compatibili con uno sgozzamento. Terminati i rilievi, non è stata trovata l’arma del delitto e sul corpo della donna sono presenti diversi segni di aggressione: il procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, e il pm, Giovanni Benelli, hanno escluso definitivamente l’ipotesi del doppio omicidio con suicidio. I carabinieri di Abbiategrasso e quelli di Milano con il reparto investigazioni scientifiche indagano sull’omicidio. Il Procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, pur premettendo che «nessuna pista al momento è esclusa e che non ci sono indagati» ha però aggiunto che «gli accertamenti procedono a ritmi serrati» facendo intendere che nelle prossime ore potrebbero emergere piste precise se non dei fermi.

La cassaforte aperta, probabile depistaggio

Nel pomeriggio di domenica sono continuati i sopralluoghi nella villetta: da ulteriori ricerche si è appreso che dalla cassaforte, trovata aperta, mancavano somme non particolarmente ingenti di denaro. Sulla porta d’ingresso tuttavia, come era già emerso dai primi rilievi, non risultano segni di effrazione. È probabile che la cassaforte aperta nasconda un tentativo di depistaggio: accantonata quasi subito l’ipotesi della rapina, si rafforza dunque la pista del triplice omicidio. Intorno alle 18.15 il procuratore capo di Pavia Cioppa e il comandate provinciale dei carabinieri di Milano, Maurizio Stefanizzi, sono usciti dalla caserma di Motta Visconti, diretti ad Abbiategrasso. Ai cronisti hanno ribadito che non ci sono indagati e che proseguono gli interrogatori. Nel frattempo, è arrivata anche la madre di Maria Cristina Omes.

Le testimonianze

La donna era impiegata in un’assicurazione di Motta Visconti, impegnata in attività di volontariato e frequentava assiduamente l’oratorio della chiesa. Il marito è commercialista a Milano. I due erano sposati da sei anni. I vicini li raccontano come una famiglia tranquilla. Il sindaco, Primo De Giuli, in carica da quindici giorni, descrive la donna come “solare” , la conosceva perché portava i bambini nello stesso asilo di sua nipote e afferma di temere che si sia trattato di una rapina terminata nel sangue: «È da tempo che assistiamo a una escalation di reati a Motta Visconti, soprattutto furti in abitazioni. Specialmente nelle villette. La gente non ne può più e pur avendo una stazione dei carabinieri ci sono solo sei militari che devono controllare quattro paesi e quindi si trovano in evidente sotto organico». «Pensi che solo due mesi fa c’era stato un furto proprio nella villa della vicina – racconta una donna che risiede in via Ungaretti -. So che la padrona di casa rientrando si era trovata i ladri in casa che per fortuna però erano scappati senza aggredirla. Avevano perfino divelto le inferriate alle finestre». Ma sulla porta d’ingresso della casa della famiglia Lissi non sono presenti segni di effrazione.

Cesare Giuzzi

15 giugno 2014 | 10:32

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/14_giugno_15/madre-due-bambini-trovati-uccisi-0d714e48-f466-11e3-8a74-87b3e3738f4b.shtml?refresh_ce-cp

Lite per un piatto rotto a tavola, figlio uccide il padre a coltellate

Il 42enne era tornato a casa ubriaco e il genitore lo ha assalito trafiggendolo all’addome. Lui ha contrattaccato dopo avergli strappato l’arma

È ricoverato in prognosi riservata all’ospedale di Voghera Mauro Mangiarotti, 42 anni, l’uomo che martedì sera, durante una lite a cena, ha accoltellato a morte il padre Alessandro, 72anni. Secondo quanto emerso dai primi rilievi del medico legale, intervenuto nell’abitazione di via Umberto I a Silvano Pietra (Pavia), il figlio gli avrebbe inferto due colpi fatali al cuore. La discussione, nata all’ora di cena, è stata scatenata dalla rottura di un piatto da parte del 42enne, tornato a casa un po’ alticcio. Tra padre e figlio, a quanto pare, i rapporti erano stati anche in passato abbastanza tesi, qualche discussione tra loro c’era stata anche per motivi economici, ma mai erano pervenute segnalazioni alle forze dell’ordine. Discussioni risolte, sempre, tra le mura domestiche. Martedì sera, però, dalle parole si è passati ai fatti.

Il pensionato 72enne avrebbe impugnato un coltello da cucina, con una lama da 15-20 centimetri, e colpito il figlio all’addome. Mauro d’istinto sarebbe riuscito a disarmarlo e a reagire con due colpi ravvicinati che hanno raggiunto al cuore il padre. Inutile il tentativo della madre Annarita, che ha provato a dividerli ma è stata scaraventata a terra. Dopo aver ucciso il padre, Mauro Mangiarotti è uscito di casa e, malgrado la grave ferita all’addome e perdendo sangue, ha percorso pochi metri che separano l’abitazione dalla fermata dei pullman e si è seduto su una panchina sotto la pensilina. Da qui – secondo quanto ricostruito dai carabinieri di Voghera guidati dal capitano Francesco Zio – avrebbe chiamato il suo datore di lavoro. «Domani non posso venire… mi hanno accoltellato», sarebbero state le poche parole pronunciate dal 42enne.

Pochi minuti dopo sul posto sono arrivati immediatamente i carabinieri, in zona per i consueti controlli preventivi anticrimine. Al primo piano dell’abitazione di via Umberto è stato trovato senza vita di Alessandro Mangiarotti, mentre il figlio è stato immediatamente soccorso dai medici del 118 e trasportato d’urgenza all’ospedale di Voghera, dove è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico. L’arma del delitto è stata sequestrata dai carabinieri. In un primo momento si era pensato all’utilizzo di due coltelli, uno da parte del padre e l’altro dal figlio, ma poi la ricostruzione dei fatti ha chiarito la dinamica della lite. Sul posto, oltre ai carabinieri di Voghera, anche il magistrato Mario Andrigo della Procura di Pavia, coordinata da Gustavo Cioppa, che ha disposto per le prossime ore l’autopsia sul corpo della vittima.

Enrico Venni

11 giugno 2014 | 14:17

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/14_giugno_11/lite-un-piatto-rotto-tavola-figlio-uccide-padre-coltellate-7b344c0e-f160-11e3-affc-25db802dc057.shtml

Accoltella il padre a tavola davanti alla madre, si costituisce 42 enne

Il figlio è ricoverato in gravissime condizioni all’ospedale di Voghera

SILVANO PIETRA (Pavia). Una discussione dai toni accesi, avvenuta a tavola durante la cena nella loro abitazione, è degenerata in una lite in cui padre e figlio si sono accoltellati reciprocamente. E’ accaduto poco prima delle 21 di martedì sera a Silvano Pietra, comune a pochi chilometri da Voghera in Oltrepo Pavese. Alessandro Mangiarotti, 72 anni, pensionato, è morto e il figlio Mauro, 42anni, è stato trasportato in gravi condizioni all’ospedale di Voghera per essere sottoposto a un delicatissimo intervento chirurgico. Un litigio avvenuto sotto gli occhi della moglie della vittima, unica testimone dell’accaduto.

La telefonata prima di accasciarsi

Prima di trascinarsi fuori casa e sedersi sulla panchina della fermata del pullman, l’omicida ha chiamato il figlio del suo datore di lavoro, raccontando il litigio con il padre. Poche parole che sono servite a dare l’allarme al 112. I carabinieri di Voghera, che erano in zona per servizio, hanno raggiunto l’abitazione in cui si è consumato il delitto e hanno constatato il decesso del 67enne. I medici del 118 poi hanno soccorso il 42enne omicida, colpito da un profondo fendente che gli ha provocato una ferita di 10-15 centimetri alla pancia e provocato danni ad alcuni organi. Le sue condizioni sono molto gravi: i medici dell’ospedale di Voghera lo hanno sottoposto ad un’operazione nel tentativo di salvargli la vita. Sul posto il magistrato Mario Andrigo, della procura di Pavia, coordinata da Gustavo Cioppa.

Enrico Venni

10 giugno 2014 | 23:59

Fonte: http://www.corriere.it/cronache/14_giugno_10/accoltella-padre-tavola-alla-madre-si-costituisce-32-enne-2d2ff526-f0e8-11e3-b5f1-b439b2d37585.shtml

Falsi turisti, ladri di professione: in un mese 119 furti in abitazioni

Nel bottino 142 orologi, collezioni numismatiche, televisori, telefoni cellulari, occhiali da sole e computer

Erano arrivati in Italia come turisti, ma il loro obiettivo era ben diverso. Sei ladri seriali di appartamenti, tutti cileni e di età compresa tra 19 e 24 anni, sono stati arrestati dai carabinieri della compagnia di Pavia in quanto responsabili di 119 furti messi a segno in un mese, in tutta la Lombardia, con una media di quattro al giorno. Le indagini hanno preso il via lo scorso 14 dicembre dopo un arresto per furto di due cittadini cileni a Vidigulfo, che con un visto turistico erano arrivati in Italia solamente cinque giorni prima. Da qui si è risaliti ad altri connazionali che avevano un punto di appoggio in un appartamento di Cinisello Balsamo. Le indagini coordinate dalla Procura di Pavia guidata da Gustavo Cioppa hanno portato ad individuare una gang di cileni, composta da sei persone, che era arrivata un mese fa in Italia e che si era data molto da fare.

IL BOTTINO – Complessivamente i ladri seriali avevano colpito in 35 appartamenti della provincia di Pavia, ma anche in quelle di Varese, Bergamo, Brescia, Lodi e Milano. Seguendo i sospettati i carabinieri di Pavia hanno arrestato ieri tre di loro mentre stavano compiendo un furto a Capriolo, in provincia di Brescia. Mentre il resto dei ladri seriali cileni sono stati sorpresi nel loro appartamento di Cinisello Balsamo. Qui è stata sequestrata gran parte della refurtiva dei loro colpi: i carabinieri di Pavia hanno recuperato 5 kg d’oro, 4 kg d’argento, 142 orologi tra cui 6 Rolex, collezioni numismatiche, televisori, telefoni cellulari, occhiali da sole e computer per un valore di 300 mila euro. Oggetto che spesso avevano anche valore affettivo per i legittimi proprietari, come anelli di fidanzamento conservate da pensioni anziane. Sono anche state rinvenute ricevute di denaro spedito in Cile per un totale di 30mila euro, provento già della merce venduta a qualche ricettatore locale. Gli investigatori ipotizzano che complessivamente l’ammontare dei colpi possa essere superiore a 600mila euro di refurtiva, il doppio di quella recuperata.

Enrico Venni

22 gennaio 2014

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/14_gennaio_22/falsi-turisti-ladri-professione-un-mese-119-furti-abitazioni-4fe99858-833b-11e3-9ab1-851e2181383b.shtml

Pavia, l’estorsione svela un giro di tangenti Indagato anche un consulente di Expo 2015

I soldi al centro della contesa potrebbero essere una mazzetta per favori non andati in porto.

PAVIA – Un prestito la cui restituzione viene reclamata a suon di minacce crude; un alto funzionario statale che viene coinvolto nella trattativa. Ma soprattutto il sospetto che quei soldi facessero parte di una tangente versata in cambio di appalti pubblici in realtà poi sfumati. Due persone sono state arrestate ieri mattina a Pavia con l’accusa di estorsione: tra luglio e agosto avevano tartassato un ispettore del ministero dell’ambiente dal quale pretendevano 150 mila euro; una terza persona è indagata a piede libero per il medesimo reato e si tratta dell’ex provveditore per le opere pubbliche della Lombardia e la Liguria Franco Errichiello, attualmente consulente del ministero delle infrastrutture per l’Expo 2015 di Milano.

GLI ARRESTI – La Guardia di Finanza ha portato in carcere Elio Ferrari, 67 anni progettista di Casteggio assillato da problemi economici e Romano Benvenuti, classe ‘34, cugino e collaboratore di Ferrari. Vittima delle minacce è invece Mauro Luciani, ispettore del ministero dell’ambiente che si era occupato tra l’altro tra il 2009 e il 2011 delle opere contro il dissesto idrogeologico nell’Oltrepò Pavese.
La trama è stata ricostruita dal pm Roberto Valli e dal procuratore capo Gustavo Cioppa. Snodo della storia è una denuncia presentata da Luciani in cui il funzionario pubblico dichiara di essere stato avvicinato da più persone che per conto di Ferrari gli avrebbero chiesto la restituzione in tempi stretti di 150 mila euro. Chi lo contatta a volte è Benvenuti, altre volte Errichiello, altre volte gli avvertimenti sono trasversali. In una di queste circostanze Ferrari manda a dire che è pronto a inviargli a Ischia, dove si trova in vacanza «otto persone dal Nord o dalla Calabria a spezzargli le gambe».

LE MAZZETTE – Luciani giura di non aver mai ricevuto i 150 mila euro ma le intercettazioni telefoniche e le testimonianze raccolte dalla Guardia di Finanza lasciano intuire un diverso scenario. Ferrari in particolare fa riferimento a soldi depositati su un conto in Svizzera, a una consegna a Luciani di 50 mila euro in contanti avvenuta in via della Scrofa a Roma e a un’altra dazione avvenuta a Ostia (dove Luciani abita) a bordo di una 500 e filmata proprio dalla Finanza. In un’altra intercettazione Ferrari parla di «900 mila euro che sono girati a Pavia» per favorire l’assegnazione di lavori pubblici. Tanto basta perché i pm Cioppa e Valli chiedano e ottengano l’arresto di Ferrari e Benvenuti; il provvedimento si spinge oltre, cita un’altra inchiesta pavese su cui pende una richiesta di archiviazione ma che alla luce dei nuovi fatti potrebbe avere esito ben diverso. Questa precedente vicenda ipotizzava un giro di mazzette pagate nell’Oltrepò proprio per i lavori contro il dissesto idrogeologico e dunque – sostengono sempre gli inquirenti – i 150 mila euro al centro della disputa potrebbero essere una tangente inizialmente versata per favori che non si sono concretizzati e di cui viene reclamata la restituzione.

IL CONSULENTE EXPO – Va detto che la procura aveva chiesto l’arresto anche per Errichiello, l’attuale consulente di Expo; la misura non è stata concessa perché il dirigente, nelle conversazioni intercettate, non ha mai un atteggiamento minaccioso ma al contrario esprime solidarietà e vicinanza alla vittima del reato. L’inchiesta dunque è destinata ad allargarsi riportando a galla un giro di tangenti che pareva privo di fondamento? Ipotesi plausibile se gli arrestati decideranno di raccontare cose che fino a oggi avevano taciuto. Soddisfazione per il passo avanti nelle indagini è stata espressa dal procuratore capo Gustavo Cioppa: «Il recente accorpamento tra le procure di Pavia e Voghera ha permesso di utilizzare meglio le risorse e di concentrarci sulla lotta ai reati che destano maggiore allarme sociale tra cui anche quelli contro la pubblica amministrazione».

Claudio Del Frate

19 ottobre 2013

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/13_ottobre_19/pavia-l-estorsione-svela-giro-tangenti-indagato-anche-consulente-expo-2015-38148374-38ad-11e3-a22e-23aa40bc2aa7.shtml

Tentano estorsione a funzionario del ministero dell’Ambiente: in manette due imprenditori

Gli arrestati avrebbero chiesto alla vittima 150 mila euro e, al suo rifiuto, l’avrebbero minacciata

Due imprenditori edili, residenti in provincia di Pavia, sono stati arrestati venerdì mattina dagli uomini del comando provinciale della Guardia di Finanza di Pavia, guidati dal nuovo comandante Cesare Maragoni, al termine di un’indagine coordinata dal procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa e dal sostituto procuratore Roberto Valli. Si tratta di Elio Ferrari, 67 anni, di Casteggio, amministratore unico di Pavia Innovazione Engineering Global Service, e di Italo Romano Benvenuti, 79 anni, residente a Milano e originario di Guastalla. L’accusa per loro è di tentata estorsione in concorso perché, secondo quanto emerso, avrebbe chiesto 150 mila euro a un funzionario del ministero dell’Ambiente, Mauro Luciani, per non rivelare fatti, riferiti a quando quest’ultimo era direttore generale Tutela del suolo. Episodi legati ad un’inchiesta della Procura della Repubblica di Pavia, sull’utilizzo dei finanziamenti arrivati ad alcuni comuni dell’Oltrepo Pavese dal Ministero dell’Ambiente per fronteggiare il dissesto idrogeologico, ed in cui Luciani risulta indagato insieme ad altre persone tra cui Elio Ferrari, perché indiziato di essere stato il ponte con Roma per ottenerli. Le richieste dei due estorsori sarebbero diventate sempre più pressanti dopo il rifiuto della loro vittima.

LA DENUNCIA – Le minacce e richieste sarebbero avvenute sia di persona che telefonicamente. Il funzionario pubblico a questo punto avrebbe presentato denuncia e, appurato il tentativo di estorsione, per i due professionisti pavesi è scattato questa mattina il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dal Gip del tribunale di Pavia Erminio Rizzi. Oltre agli arresti le Fiamme Gialle hanno eseguito anche diverse perquisizioni domiciliari nel corso delle quali sono stati sequestrati diversi computer e molta documentazione attualmente al vaglio degli investigatori.

Enrico Venni

18 ottobre 2013

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/13_ottobre_18/tentano-estorsione-funzionario-ministero-dell-ambiente-manette-due-imprenditori-7a0cc8bc-37d7-11e3-91d2-925f0f42e180.shtml

Furto «da record» a Pavia: rubata la cassaforte del direttore del carcere

Ignoti si sono introdotti nell’ufficio del direttore e hanno divelto forziere con 5 mila euro, incassato nel muro

E’ un furto da Guinness dei primati, non per l’entità del bottino ma per il luogo in cui è stato commesso: è sparita la cassaforte dall’ufficio del direttore del carcere di Pavia. Il clamoroso colpo è stato scoperto all’alba di mercoledì mattina dagli addetti dell’istituto di pena e la notizia è stata divulgata dai sindacati della polizia penitenziaria. La cassaforte conteneva all’incirca 5 mila euro in contanti, ma come detto questo è un dettaglio trascurabile. Il forziere si trovava incassato nel muro e chi l’ha divelto conosceva perfettamente la strada per arrivarci e come eludere i sistemi di sorveglianza.

L’ufficio del direttore si trova in un’ala nuova del carcere, secondo alcune indiscrezioni alcuni corridoi sotterranei avrebbero garantito una via di accesso e di fuga all’ufficio, ma proprio in queste ore gli inquirenti stanno esaminando le immagini del circuito di videosorveglianza interno. Le indagini sull’incredibile furto sono coordinate dal procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa.

Il furto potrebbe essere opera di qualcuno che voleva dimostrare la vulnerabilità dei luoghi. Pochissime infatti sono le persone che possono accedere in maniera indisturbata all’ufficio del direttore. La cassaforte è stata ritrovata nel pomeriggio di mercoledì vicino ad un muro esterno del carcere. Vuota.

Claudio Del Frate

18 settembre 2013 | 19:48

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/13_settembre_18/carcere-pavia-furto-ladri-rubata-cassaforte-2223166629365.shtml

Motta Visconti, l’autopsia conferma l’omicidio-suicidio

Il primo a morire sarebbe stato Luigi, ucciso nel sonno con più di dieci coltellate al torace, al collo e all’inguine

E’ stata eseguita sabato mattina, all’istituto di medicina legale di Pavia, l’autopsia sul corpo di Luigi Passalacqua, 88 anni e di sua figlia Maria Grazia, 56 anni, ritrovati giovedì mattina senza vita nella loro villa bifamiliare a Motta Visconti. E i primi risultati sembrerebbero confermare la prima ipotesi dei carabinieri di Abbiategrasso, ovvero che si sia trattato di un omicidio-suicidio. Secondo l’autopsia, il primo a morire sarebbe stato Luigi, ucciso nel sonno con più di dieci coltellate al torace, al collo e all’inguine. A infierire sul padre sarebbe stata proprio Maria Grazia, che, secondo l’esame, sarebbe morta un paio d’ore più tardi. La donna si è impiccata dal balcone del primo piano usando il filo della tapparella. Alcune ulteriori lesioni che la donna aveva sui polsi e sul collo, provocate da un oggetto acuminato, non sono comunque ritenute un elemento che faccia pensare alla presenza, in casa, di una terza persona. «Non ci sono elementi indiziari per coinvolgere qualcun altro nelle indagini» spiegano fonti della Procura di Pavia, diretta da Gustavo Cioppa. A coordinare le indagini è il pm Roberto Valli.

OMICIDIO-SUICIDIO – A scoprire la tragedia, venerdì mattina attorno alle 11.30, era stata l’inquilina della famiglia Passalacqua: una donna che vive con il marito e una figlia nell’appartamento al primo piano della villa di via Adua. Mentre stendeva i panni, la donna ha notato il corpo di Maria Grazia che penzolava e è corsa a chiedere aiuto ai vicini che vivono nel palazzo di fronte. «Eravamo nel nostro giardino, quando è arrivata lei. Siamo andati insieme a vedere cos’era successo e poi abbiamo chiamato subito 118 e carabinieri» spiegano i vicini. Secondo alcune testimonianze rilasciate ai carabinieri dai famigliari, la donna ultimamente soffriva di depressione e per questo era in cura da uno specialista della zona: prendeva tranquillanti che sono stati ritrovati in casa. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato proprio il timore di non riuscire più a prendersi cura dell’anziano padre, di un’altra zia e di altre incombenze a spingere la donna al delitto. Maria Grazia non ha lasciato spiegazioni, ma in casa i carabinieri hanno trovato due lettere: una è una sorta di testamento. L’altra è una missiva in cui la donna confidava la preoccupazione del padre, nel caso lei fosse venuta a mancare.

TRAGEDIA – Non vi sarebbero, quindi, motivi economici, né la crisi alla base della tragedia avvenuta a Motta Visconti. La famiglia Passalacqua aveva gestito per molti anni una panetteria in piazzale Loreto a Milano. Dopo la chiusura dell’attività, padre, madre e figlia si erano trasferiti a Motta Visconti, nella villa bifamiliare con giardino dove è avvenuta la tragedia. Luigi e sua figlia possedevano anche altri appartamenti e un negozio a Abbiategrasso. Maria Grazia, un diploma da ragioniera, da alcuni anni aveva lasciato il lavoro da impiegata per dedicarsi alla cura dell’anziana madre, scomparsa qualche anno fa. Ora curava il padre, cardiopatico, e un’anziana zia che vive a Milano. Riservata e generosa, da anni faceva la volontaria nella sede locale della Croce Azzurra, associazione che accompagna i malati in ospedale. Mercoledì scorso le amiche l’avevano incontrata dalla parrucchiera. Giovedì, insieme al padre, alla zia Martina e a due amiche aveva festeggiato il Ferragosto in un’osteria di Rosate. La sera, aveva ricevuto la telefonata dai cugini in vacanza a Serina. «Luigi mi ha detto che avevano mangiato bene, che era tutto a posto – racconta uno dei cugini, Santino Vai, molto commosso – Noi ancora non riusciamo a crederci. Erano due persone buone e generose. E poi proprio lei che aveva rinunciato al lavoro per curare i genitori, come può aver fatto una cosa simile. Cosa le è successo? Per la nostra famiglia è una grande tragedia». «Ultimamente era dimagrita ed era molto depressa – ha raccontato invece un’amica – Ho provato ad andare a trovarla, ma non ha neppure voluto che entrassi in casa. Suo padre invece stava bene, fino a ieri girava in sella alla sua bicicletta. Nessuno si aspettava una cosa simile».

Giovanna Maria Fagnani

17 agosto 2013 (modifica il 19 agosto 2013)

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/13_agosto_17/autospsia-motta-visconti-2222654027522.shtml

Pavia, residenze per gli universitari vendute sul mercato: maxi sequestro di appartamenti

Indagati i vertici della società Green Campus

PAVIA – Il comando provinciale dei carabinieri di Pavia e la questura della città, coordinati dal procuratore della Repubblica Gustavo Cioppa e dal sostituto Paolo Mazza, hanno messo sotto sequestro 360 appartamenti nella zona del campus universitario. Una settantina di questi, che sono destinati unicamente all’affitto per studenti, ricercatori e professori, erano in realtà già stati venduti come residenza privata. Per questa ragione la magistratura ha deciso il sequestro, clamoroso, dell’area di 32mila metri quadrati e che ha un valore di circa 40 milioni di euro, nell’ambito delle indagini su corruzione ed abusi edilizi relativi al nuovo campus dell’Università di Pavia che aveva visto l’arresto di un noto docente il 7 febbraio scorso. Sigillati quindi gli appartamenti di proprietà della società «Green Campus», indagando il titolare dell’azienda, il legale rappresentante, il progettista ( il professor Gian Michele Calvi, già inquisito per il post-terremoto dell’Aquila) e il direttore dei lavori. I reati contestati sono lottizzazione abusiva e il mancato rispetto dei vincoli paesaggistici. Ad eseguire le indagini, iniziate un anno e mezzo fa su iniziativa autonoma della procura, è stato un pool di investigatori, il nucleo di polizia giudiziaria ambientale ed edilizia della procura della Repubblica, di cui fanno parte carabinieri, poliziotti, guardie forestali e Finanza.

IL COMUNE – Anche se la magistratura per ora mantiene il più assoluto riserbo, pare che alcuni funzionari del Comune di Pavia siano stati inquisiti per aver rilasciato le licenze edilizie. La giunta comunale di Pavia, nel 2009, aveva dato il via libera all’edificazione del complesso, con il vincolo che le residenze fossero riservate in affitto a studenti e professori dell’università. A suo tempo ci furono proteste da parte delle associazioni ambientaliste per la scelta di edificare il complesso residenziale in una zona verde in località Cravino. Al termine dell’iter investigativo la magistratura provvederà alla confisca dei 70 appartamenti venduti illecitamente così come prevede la legge in questi casi. I titolari che hanno acquistato in buona fede potranno abitare gli appartamenti fino a quel momento e successivamente intentare una causa civile nei confronti della società venditrice.

IL RETTORE – «Green Campus non è un’area del Polo tecnologico dell’Università di Pavia, ma un intervento edilizio di iniziativa privata, realizzato su un terreno privato, confinante con terreni dell’Università»: lo precisa Angiolino Stella, rettore dell’università di Pavia. «La programmazione edilizia dell’Università di Pavia – chiarisce – da tempo non prevede nessuna nuova edificazione, ma riguarda solo ristrutturazioni e riqualificazioni di edifici esistenti, anche di valore storico, come Palazzo Botta, Palazzo Vistarino e il Campus della salute-polo di Medicina».

Alberto Berticelli

6 marzo 2013 | 15:00

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/13_marzo_6/sequestro-case-pavia-operazione-21246584437.shtml