Tentano estorsione a funzionario del ministero dell’Ambiente: in manette due imprenditori

Gli arrestati avrebbero chiesto alla vittima 150 mila euro e, al suo rifiuto, l’avrebbero minacciata

Due imprenditori edili, residenti in provincia di Pavia, sono stati arrestati venerdì mattina dagli uomini del comando provinciale della Guardia di Finanza di Pavia, guidati dal nuovo comandante Cesare Maragoni, al termine di un’indagine coordinata dal procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa e dal sostituto procuratore Roberto Valli. Si tratta di Elio Ferrari, 67 anni, di Casteggio, amministratore unico di Pavia Innovazione Engineering Global Service, e di Italo Romano Benvenuti, 79 anni, residente a Milano e originario di Guastalla. L’accusa per loro è di tentata estorsione in concorso perché, secondo quanto emerso, avrebbe chiesto 150 mila euro a un funzionario del ministero dell’Ambiente, Mauro Luciani, per non rivelare fatti, riferiti a quando quest’ultimo era direttore generale Tutela del suolo. Episodi legati ad un’inchiesta della Procura della Repubblica di Pavia, sull’utilizzo dei finanziamenti arrivati ad alcuni comuni dell’Oltrepo Pavese dal Ministero dell’Ambiente per fronteggiare il dissesto idrogeologico, ed in cui Luciani risulta indagato insieme ad altre persone tra cui Elio Ferrari, perché indiziato di essere stato il ponte con Roma per ottenerli. Le richieste dei due estorsori sarebbero diventate sempre più pressanti dopo il rifiuto della loro vittima.

LA DENUNCIA – Le minacce e richieste sarebbero avvenute sia di persona che telefonicamente. Il funzionario pubblico a questo punto avrebbe presentato denuncia e, appurato il tentativo di estorsione, per i due professionisti pavesi è scattato questa mattina il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dal Gip del tribunale di Pavia Erminio Rizzi. Oltre agli arresti le Fiamme Gialle hanno eseguito anche diverse perquisizioni domiciliari nel corso delle quali sono stati sequestrati diversi computer e molta documentazione attualmente al vaglio degli investigatori.

Enrico Venni

18 ottobre 2013

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/13_ottobre_18/tentano-estorsione-funzionario-ministero-dell-ambiente-manette-due-imprenditori-7a0cc8bc-37d7-11e3-91d2-925f0f42e180.shtml

Furto «da record» a Pavia: rubata la cassaforte del direttore del carcere

Ignoti si sono introdotti nell’ufficio del direttore e hanno divelto forziere con 5 mila euro, incassato nel muro

E’ un furto da Guinness dei primati, non per l’entità del bottino ma per il luogo in cui è stato commesso: è sparita la cassaforte dall’ufficio del direttore del carcere di Pavia. Il clamoroso colpo è stato scoperto all’alba di mercoledì mattina dagli addetti dell’istituto di pena e la notizia è stata divulgata dai sindacati della polizia penitenziaria. La cassaforte conteneva all’incirca 5 mila euro in contanti, ma come detto questo è un dettaglio trascurabile. Il forziere si trovava incassato nel muro e chi l’ha divelto conosceva perfettamente la strada per arrivarci e come eludere i sistemi di sorveglianza.

L’ufficio del direttore si trova in un’ala nuova del carcere, secondo alcune indiscrezioni alcuni corridoi sotterranei avrebbero garantito una via di accesso e di fuga all’ufficio, ma proprio in queste ore gli inquirenti stanno esaminando le immagini del circuito di videosorveglianza interno. Le indagini sull’incredibile furto sono coordinate dal procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa.

Il furto potrebbe essere opera di qualcuno che voleva dimostrare la vulnerabilità dei luoghi. Pochissime infatti sono le persone che possono accedere in maniera indisturbata all’ufficio del direttore. La cassaforte è stata ritrovata nel pomeriggio di mercoledì vicino ad un muro esterno del carcere. Vuota.

Claudio Del Frate

18 settembre 2013 | 19:48

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/13_settembre_18/carcere-pavia-furto-ladri-rubata-cassaforte-2223166629365.shtml

Motta Visconti, l’autopsia conferma l’omicidio-suicidio

Il primo a morire sarebbe stato Luigi, ucciso nel sonno con più di dieci coltellate al torace, al collo e all’inguine

E’ stata eseguita sabato mattina, all’istituto di medicina legale di Pavia, l’autopsia sul corpo di Luigi Passalacqua, 88 anni e di sua figlia Maria Grazia, 56 anni, ritrovati giovedì mattina senza vita nella loro villa bifamiliare a Motta Visconti. E i primi risultati sembrerebbero confermare la prima ipotesi dei carabinieri di Abbiategrasso, ovvero che si sia trattato di un omicidio-suicidio. Secondo l’autopsia, il primo a morire sarebbe stato Luigi, ucciso nel sonno con più di dieci coltellate al torace, al collo e all’inguine. A infierire sul padre sarebbe stata proprio Maria Grazia, che, secondo l’esame, sarebbe morta un paio d’ore più tardi. La donna si è impiccata dal balcone del primo piano usando il filo della tapparella. Alcune ulteriori lesioni che la donna aveva sui polsi e sul collo, provocate da un oggetto acuminato, non sono comunque ritenute un elemento che faccia pensare alla presenza, in casa, di una terza persona. «Non ci sono elementi indiziari per coinvolgere qualcun altro nelle indagini» spiegano fonti della Procura di Pavia, diretta da Gustavo Cioppa. A coordinare le indagini è il pm Roberto Valli.

OMICIDIO-SUICIDIO – A scoprire la tragedia, venerdì mattina attorno alle 11.30, era stata l’inquilina della famiglia Passalacqua: una donna che vive con il marito e una figlia nell’appartamento al primo piano della villa di via Adua. Mentre stendeva i panni, la donna ha notato il corpo di Maria Grazia che penzolava e è corsa a chiedere aiuto ai vicini che vivono nel palazzo di fronte. «Eravamo nel nostro giardino, quando è arrivata lei. Siamo andati insieme a vedere cos’era successo e poi abbiamo chiamato subito 118 e carabinieri» spiegano i vicini. Secondo alcune testimonianze rilasciate ai carabinieri dai famigliari, la donna ultimamente soffriva di depressione e per questo era in cura da uno specialista della zona: prendeva tranquillanti che sono stati ritrovati in casa. Secondo gli inquirenti, sarebbe stato proprio il timore di non riuscire più a prendersi cura dell’anziano padre, di un’altra zia e di altre incombenze a spingere la donna al delitto. Maria Grazia non ha lasciato spiegazioni, ma in casa i carabinieri hanno trovato due lettere: una è una sorta di testamento. L’altra è una missiva in cui la donna confidava la preoccupazione del padre, nel caso lei fosse venuta a mancare.

TRAGEDIA – Non vi sarebbero, quindi, motivi economici, né la crisi alla base della tragedia avvenuta a Motta Visconti. La famiglia Passalacqua aveva gestito per molti anni una panetteria in piazzale Loreto a Milano. Dopo la chiusura dell’attività, padre, madre e figlia si erano trasferiti a Motta Visconti, nella villa bifamiliare con giardino dove è avvenuta la tragedia. Luigi e sua figlia possedevano anche altri appartamenti e un negozio a Abbiategrasso. Maria Grazia, un diploma da ragioniera, da alcuni anni aveva lasciato il lavoro da impiegata per dedicarsi alla cura dell’anziana madre, scomparsa qualche anno fa. Ora curava il padre, cardiopatico, e un’anziana zia che vive a Milano. Riservata e generosa, da anni faceva la volontaria nella sede locale della Croce Azzurra, associazione che accompagna i malati in ospedale. Mercoledì scorso le amiche l’avevano incontrata dalla parrucchiera. Giovedì, insieme al padre, alla zia Martina e a due amiche aveva festeggiato il Ferragosto in un’osteria di Rosate. La sera, aveva ricevuto la telefonata dai cugini in vacanza a Serina. «Luigi mi ha detto che avevano mangiato bene, che era tutto a posto – racconta uno dei cugini, Santino Vai, molto commosso – Noi ancora non riusciamo a crederci. Erano due persone buone e generose. E poi proprio lei che aveva rinunciato al lavoro per curare i genitori, come può aver fatto una cosa simile. Cosa le è successo? Per la nostra famiglia è una grande tragedia». «Ultimamente era dimagrita ed era molto depressa – ha raccontato invece un’amica – Ho provato ad andare a trovarla, ma non ha neppure voluto che entrassi in casa. Suo padre invece stava bene, fino a ieri girava in sella alla sua bicicletta. Nessuno si aspettava una cosa simile».

Giovanna Maria Fagnani

17 agosto 2013 (modifica il 19 agosto 2013)

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/13_agosto_17/autospsia-motta-visconti-2222654027522.shtml

Pavia, residenze per gli universitari vendute sul mercato: maxi sequestro di appartamenti

Indagati i vertici della società Green Campus

PAVIA – Il comando provinciale dei carabinieri di Pavia e la questura della città, coordinati dal procuratore della Repubblica Gustavo Cioppa e dal sostituto Paolo Mazza, hanno messo sotto sequestro 360 appartamenti nella zona del campus universitario. Una settantina di questi, che sono destinati unicamente all’affitto per studenti, ricercatori e professori, erano in realtà già stati venduti come residenza privata. Per questa ragione la magistratura ha deciso il sequestro, clamoroso, dell’area di 32mila metri quadrati e che ha un valore di circa 40 milioni di euro, nell’ambito delle indagini su corruzione ed abusi edilizi relativi al nuovo campus dell’Università di Pavia che aveva visto l’arresto di un noto docente il 7 febbraio scorso. Sigillati quindi gli appartamenti di proprietà della società «Green Campus», indagando il titolare dell’azienda, il legale rappresentante, il progettista ( il professor Gian Michele Calvi, già inquisito per il post-terremoto dell’Aquila) e il direttore dei lavori. I reati contestati sono lottizzazione abusiva e il mancato rispetto dei vincoli paesaggistici. Ad eseguire le indagini, iniziate un anno e mezzo fa su iniziativa autonoma della procura, è stato un pool di investigatori, il nucleo di polizia giudiziaria ambientale ed edilizia della procura della Repubblica, di cui fanno parte carabinieri, poliziotti, guardie forestali e Finanza.

IL COMUNE – Anche se la magistratura per ora mantiene il più assoluto riserbo, pare che alcuni funzionari del Comune di Pavia siano stati inquisiti per aver rilasciato le licenze edilizie. La giunta comunale di Pavia, nel 2009, aveva dato il via libera all’edificazione del complesso, con il vincolo che le residenze fossero riservate in affitto a studenti e professori dell’università. A suo tempo ci furono proteste da parte delle associazioni ambientaliste per la scelta di edificare il complesso residenziale in una zona verde in località Cravino. Al termine dell’iter investigativo la magistratura provvederà alla confisca dei 70 appartamenti venduti illecitamente così come prevede la legge in questi casi. I titolari che hanno acquistato in buona fede potranno abitare gli appartamenti fino a quel momento e successivamente intentare una causa civile nei confronti della società venditrice.

IL RETTORE – «Green Campus non è un’area del Polo tecnologico dell’Università di Pavia, ma un intervento edilizio di iniziativa privata, realizzato su un terreno privato, confinante con terreni dell’Università»: lo precisa Angiolino Stella, rettore dell’università di Pavia. «La programmazione edilizia dell’Università di Pavia – chiarisce – da tempo non prevede nessuna nuova edificazione, ma riguarda solo ristrutturazioni e riqualificazioni di edifici esistenti, anche di valore storico, come Palazzo Botta, Palazzo Vistarino e il Campus della salute-polo di Medicina».

Alberto Berticelli

6 marzo 2013 | 15:00

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/13_marzo_6/sequestro-case-pavia-operazione-21246584437.shtml

Diciottenne muore accoltellato. Si indaga nella cerchia familiare

Il fratello lo avrebbe trovato in gravi condizioni dopo due coltellate al petto davanti a un bar, a Chignolo Po

PAVIA – Un ragazzo di 18 anni, Gianluca Serpa, è stato ucciso con due colpi al petto la scorsa notte a Chignolo Po, nella Bassa Pavese. Le coltellate non sono state immediatamente mortali, gli inquirenti l’hanno definita un’esecuzione «d’impeto». Il giovane è stato trovato agonizzante in via XXV Aprile, davanti ad un bar del paese. A soccorrerlo, secondo quanto raccontato ai carabinieri, sarebbe stato il fratello, che lo avrebbe caricato sulla propria auto e portato al pronto soccorso del vicino ospedale di Castel San Giovanni (Piacenza), dove è morto in seguito alle gravi ferite poco dopo le 2. Gianluca Serpa viene descritto come un ragazzo di «buona indole», lavorava con il padre come operaio edile.

INDAGINI IN FAMIGLIA – Dalla scorsa notte i carabinieri di Pavia e quelli della compagnia di Stradella stanno interrogando i familiari e secondo le prime indiscrezioni il delitto potrebbe essere maturato al termine di una lite nell’ambito della famiglia, di origine calabrese, in cui sarebbero presenti anche alcuni soggetti con precedenti. Secondo gli inquirenti il corpo potrebbe essere stato mosso e il ferimento, quindi, essere avvenuto in un luogo diverso rispetto a dove è stato ritrovato il ragazzo. Questo quanto emergerebbe dopo i primi interrogatori dell’inchiesta coordinata dal pubblico ministero Paolo Mazza e seguita da vicino dal procuratore di Pavia Gustavo Cioppa. Alcuni parenti della vittima si sarebbero contraddetti o non avrebbero comunque convinto gli investigatori.

L’ARMA – L’arma del delitto, il coltello, è stata ritrovata nelle vicinanze del bar dove è stata rinvenuta la vittima. Era sporca di sangue e sulle tracce, così come sul materiale ritrovato sotto le unghie di Gianluca Serpa, stanno lavorando i carabinieri. Martedì è prevista l’autopsia.

Alberto Berticelli Enrico Venni

26 novembre 2012 | 14:16

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/12_novembre_26/chignolo-po-pavia-muore-ragazzo-diciottenne-accoltellato-omicidio-2112885932479.shtml

Agguato mortale a un albanese, arrestati due spacciatori vicini alla ‘ndrangheta

Il movente dell’omicidio sarebbe da ricercare nei contrasti emersi nella gestione del mercato della droga

MILANO – Due italiani sono stati arrestati lunedì mattina con l’accusa di aver ucciso un albanese lo scorso 14 gennaio a Casorate Primo (Pavia). Quella sera Sali Kutelli, residente nel Comune del Pavese, venne inseguito lungo una via centrale del paese e ammazzato a colpi di pistola. Le indagini condotte dai carabinieri di Pavia, e coordinate dal sostituto procuratore Paolo Mazza e dal procuratore capo Gustavo Cioppa, hanno portato ad identificare come presunti autori dell’agguato Giuseppe Trimboli, 28 anni, e Alessandro Notarangelo, 39 anni, entrambi residenti a Casorate Primo (Pavia).

DROGA – In base agli accertamenti condotti dagli inquirenti, Sali Kutelli sarebbe stato ucciso per contrasti emersi nella gestione del mercato della droga della zona al confine tra le province di Pavia e Milano. Trimboli, pur non essendo ritenuto personaggio di spicco della criminalità locale, fa parte di una famiglia considerata uno dei gruppi di spicco delle ‘ndrine calabresi.

Redazione Milano online

30 luglio 2012 | 9:47

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/12_luglio_30/arrestati-omicidio-albanese-casorate-primo-droga-ndrangheta-2011227239068.shtml

Altri due arresti per gli abusi sessuali sulla bimba disabile

Era stato il fratellino della vittima a far scattare le indagini. Ora sono quattro gli uomini accusati

PAVIA – La gente adesso collabora e punta l’indice sui «mostri». Infatti, in quel paesino di un migliaio di abitanti, Inverno Monteleone, sarebbero stati in tanti ad avere abusato della piccola Rita (il nome è di fantasia), 12 anni, mentalmente disturbata. A luglio era stato il fratellino di 9 anni a mettere una pulce nell’orecchio dell’assistente sociale e a far scattare un’operazione dei carabinieri di Stradella che avevano arrestato due pensionati accusati di violenza sessuale. Erano finiti ai domiciliari Luciano Finotti, 63 anni, con piccoli precedenti alle spalle, e Berengario Borromeo, 74 anni. Entrambi di Inverno Monteleone. Da allora la bimba, figlia di una famiglia numerosa di contadini, dopo l’interrogatorio assistito, era stata inserita in una comunità protetta. Ma le indagini non si erano fermate. Il pm Paolo Mazza della Procura di Pavia, diretta da Gustavo Cioppa, aveva disposto intercettazioni ambientali e telefoniche che hanno avuto l’effetto sperato. All’alba di ieri sono stati arrestati anche Angelo C., 57 anni, guardia giurata, e Sebastiano M., 46 anni, fruttivendolo ambulante di Santa Cristina e Bissone, con precedenti.

Il primo, secondo l’accusa, approfittava della piccola portandola a casa sua, con il consenso dei genitori che non sospettavano nulla. «La porto a fare un giretto, a prendere un po’ d’aria». Il fruttivendolo, invece, quando incrociava la bimba, la convinceva (non ci voleva molto, visto il suo stato mentale) a salire in auto per poi appartarsi in zone isolate. Anche per la guardia giurata e il venditore ambulante sono scattati i domiciliari. Oggi ci sarà l’interrogatorio di garanzia con il gip Erminio Rizzi. «Dopo un certa omertà iniziale – spiega il procuratore della Repubblica, Gustavo Cioppa – la gente ha iniziato a collaborare. Non potevano non sapere. Indicazioni importanti che si sono incrociate con le nostre indagini, permettendoci di ammanettare altre due persone. C’è però l’atroce sospetto che ad abusare della bambina siano stati altri uomini. Per questo l’inchiesta potrebbe riservare nuovi inquietanti sviluppi».

Michele Focarete

29 febbraio 2012 | 17:46

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/12_febbraio_29/pavia-abusi-bambina-disabile-altri-arresti-inverno-monteleone-1903488311666.shtml

Il figlio di Riina andrà a lezione al Bo Iscritto al terzo anno di Economia

Domenica esce di cella. Lavorerà in una onlus cittadina. Intanto il senatore padovano Luciano Cagnin (Lega) dichiara: «Pronti a scendere in piazza»

PADOVA — Nonostante le barricate alzate dalla Lega («qui non lo vogliamo»), Giuseppe Salvatore Riina tra qualche giorno si trasferirà a Padova. Il terzogenito del «capo dei capi» Totò (recluso a Opera con 12 ergastoli sulle spalle) domenica finirà di scontare nel carcere di Voghera gli otto anni e dieci mesi per associazione mafiosa inflitti dalla Corte d’Appello di Palermo e confermati dalla Cassazione il 9 gennaio 2009. Dopodichè, lo stesso 2 ottobre o nei giorni successivi, non tornerà a Corleone ma arriverà in Veneto con l’obbligo di firma, il dovere di rincasare entro le 22 e di non frequentare pregiudicati. Il suo percorso di reinserimento sociale e lavorativo è stato affidato a una onlus fondata nel 1979 da un gruppo di famiglie, per «sensibilizzare il territorio rispetto alle dinamiche di esclusione sociale». Oggi è specializzata nell’affrontare marginalità, immigrazione, dipendenze, minori, famiglie multiproblematiche e percorsi penali.

L’associazione padovana, citata nell’ordinanza di scarcerazione firmata dal giudice Maria Teresa Gandini del Tribunale di Sorveglianza di Pavia, è stata scelta da Riina su consiglio del suo avvocato, la vicentina Francesca Casarotto. «Salvuccio» nel 2009 è stato infatti recluso al Due Palazzi di Padova e gli educatori che l’hanno seguito hanno fatto da tramite con la onlus, pronta a dare la propria disponibilità. Una soluzione, dicono dall’associazione, gradita alla madre di Riina junior, Ninetta Bagarella, che avrebbe detto: «Vorrei salvare almeno il più giovane dei miei figli, evitandogli di tornare in Sicilia». Dalla donna sarebbe partita anche l’idea di trovargli una sistemazione senza doversi appoggiare a una delle case-famiglie proposte dai volontari. Anche perchè Giovanni Riina, 34 anni, è iscritto al terzo anno di Economia all’Università di Padova.

«Gli offriremo un lavoro da impiegato e uno stipendio, col quale potrà pagarsi una stanza —spiegano alla onlus —. Se dimostrerà di volersi realmente redimere, lo aiuteremo anche a cambiare nome. Una seconda opportunità va concessa a tutti. Certo, se sul suo arrivo non si fossero accesi i riflettori sarebbe stato meglio, comunque l’abbiamo accettato perchè dalle relazioni delle carceri in cui è stato risulta un detenuto modello (anche il padre si è sempre vantato di essere tale, ndr). Ma se dovesse sgarrare anche una sola volta, se ne dovrà andare». Sarà tenuto d’occhio dalla polizia, perchè secondo il procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, «resta un soggetto potenzialmente pericoloso ». Per i magistrati che l’hanno condannato «era diventato il nuovo punto di riferimento della famiglia e protagonista della riorganizzazione della cosca facente capo al padre». Ma la realtà che lo ospita ha le spalle grosse: ha già seguito uno dei fratelli Nirta, responsabili della strage di Duisburg, compiuta del 2007 dall’Ndrangheta. «E’ stato qui qualche anno, era un uomo buono e mite. Si è comportato bene».

Michela Nicolussi Moro
28 settembre 2011

Fonte: https://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2011/28-settembre-2011/figlio-riina-andra-lezione-bo-iscritto-terzo-anno-economia-1901663204634.shtml

Riina jr: «Vengo a vivere al Nord»

«Voglio rifarmi una vita». Venerdì il sì del giudice Insorge la Lega: «Da noi non lo vogliamo»

PAVIA – «Signor giudice, voglio rifarmi una vita da persona per bene, nonostante il nome che porto» dice il giovanotto in tribunale. L’hanno accontentato: dal 2 ottobre prossimo, lasciandosi alle spalle i cancelli del supercarcere di Voghera dopo aver scontato una condanna a otto anni, Salvuccio non tornerà più nella sua Sicilia. Una normale storia di reinserimento sociale? No, a renderla speciale è il cognome del protagonista: Riina. Per la precisione Giuseppe Salvatore Riina, 34 anni, figlio del boss dei boss. «Salvuccio» ha deciso di tagliare i ponti con Corleone, con l’ambiente mafioso, con l’ingombrante famiglia e giocarsi la seconda chance di vita al Nord, prendendo casa e lavorando per una onlus.

Destinazione tenuta al momento segreta, i rumors la indicano nella zona di Padova ma il fatto più importante è ovviamente la rottura tra Riina junior e le sue radici. E la Lega, che ai suoi esordi aveva scatenato una battaglia proprio contro l’invio al Nord di personaggi legati a Cosa Nostra, non ci sta: «Vale lo stesso discorso di 30 anni fa: sono personaggi pericolosi, qui non li vogliamo» attacca Gianluca Buonanno, deputato del Carroccio e già componente della Commissione antimafia. Il giudice di Pavia Maria Teresa Gandini, competente per la questione, ha depositato ieri mattina la sua decisione: dopo la scarcerazione Riina potrà risiedere nel Nord Italia. Ma conformemente a quanto richiesto dal procuratore capo Gustavo Cioppa, che ritiene il personaggio ancora «potenzialmente pericoloso», ha sottoposto il figlio del boss per 2 anni a misure del vigilanza speciale: Salvuccio dovrà rincasare sempre prima delle 22, non potrà incontrare pregiudicati e deve sottoporsi all’obbligo di firma. Per il resto sarà libero di prendersi casa e lavoro.

«Sia chiaro che il signor Riina non è un pentito – precisa il suo legale avvocato Francesca Casarotto – e rimane in ottimi rapporti con i suoi congiunti. Semplicemente ha manifestato al giudice la sua volontà di non ritornare in Sicilia e di fermarsi in un luogo dove ritiene di avere più possibilità di ricominciare una vita da persona onesta lontano dall’ambiente che gli ha provocato guai con la giustizia». Determinanti nella svolta sono stati alcuni incontri con i volontari nel carcere di Voghera, gli studi compiuti (informatica in particolare) e l’opportunità offerta al detenuto dalla onlus presso la quale lavorerà come impiegato. Ma come detto non tutti sono disposti a porgere metaforicamente l’altra guancia. «Se sapessi che uno così viene a vivere nel mio comune affiggerei manifesti con la sua faccia e la scritta “Via da qui”; un Riina deve sentire l’ostilità dell’ambiente che lo circonda» dice Gianluca Buonanno. E aggiunge il deputato leghista: «Non vogliamo che la storia e gli errori degli anni 70 si ripetano; allora l’applicazione dei soggiorni obbligati significò l’arrivo della mafia nelle nostre regioni. Oggi il pericolo è aumentato perché queste organizzazioni possono contare su ramificazioni più forti».

Claudio Del Frate
24 settembre 2011 12:23

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/11_settembre_24/riina-figlio-vengo-vivere-nord-1901625717621.shtml

Traffico illecito di rifiuti: sequestrato l’impianto della Riso Scotti Energia

Ai domiciliari anche Giorgio Radice, presidente del consiglio di amministrazione

MILANO – Doveva produrre energia pulita, invece smaltiva rifiuti non consentiti. La centrale a biomasse Riso Scotti Energia di Pavia è stata messa sotto sequestro mercoledì mattina, durante l’operazione «dirty energy», coordinata dalla procura della Repubblica di Pavia – diretta dal procuratore capo Gustavo Adolfo Cioppa – e condotte dai sostituti Roberto Valli, Luisa Rossi e Paolo Mazza. Sette persone sono finite agli arresti domiciliari, tra cui il presidente della società, Giorgio Radice e il direttore dell’impianto, Massimo Magnani, gli indagati nel complesso sono 12. Inoltre, sono stati sequestrati 40 mezzi ed eseguite 60 perquisizioni in tutta Italia.

SCARTO DEL RISO – La Riso Scotti Energia, società di proprietà della Riso Scotti, era destinata, in principio, allo smaltimento, attraverso una centrale a biomasse, della lolla del riso, un sottoprodotto della lavorazione industriale impiegato come ottimo combustibile. In seguito, grazie a un’evoluzione della normativa, l’impianto era autorizzato a smaltire anche rifiuti speciali non pericolosi: «Il coinceneritore – commenta Ugo Mereu, comandante regionale della Lombardia del Corpo forestale – sulla carta era un vero e proprio fiore all’occhiello, poiché serviva a smaltire uno scarto della produzione e, al contempo, a creare energia rinnovabile da reimpiegare in azienda. Purtroppo però abbiamo constatato che le cose non stavano così».

RIFIUTI NON CONSENTITI – Secondo le indagini condotte dal Corpo forestale, nell’impianto, insieme alla lolla, si bruciavano anche rifiuti di varia natura (tra cui legno, plastiche, imballaggi e fanghi di depurazione di acque reflue) con concentrazioni di inquinanti (soprattutto metalli pesanti) superiori ai limiti consentiti dalla legge. Un traffico di 40.000 tonnellate di rifiuti urbani e industriali non regolarmente trattati, provenienti da impianti di smaltimento in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Toscana e Puglia. Tutto ciò era possibile grazie ai falsi certificati rilasciati da laboratori di analisi chimiche compiacenti, per un giro d’affari che, secondo le prime stime, si aggira intorno ai 30 milioni di euro, grazie anche agli incentivi statali che questo genere di impianti riceve: «Il guadagno illecito principale proviene, oltre che dallo smaltimento dei rifiuti, dalla vendita di energia rinnovabile, per la quale sono previsti incentivi statali», conferma Paolo Moizi, comandante provinciale del Corpo forestale di Pavia. L’azienda, avrebbe venduto la propria energia (in realtà non pulita) a un prezzo elevato, perché incentivato, alla rete nazionale: «Inoltre – prosegue Moizi – nell’impianto era stato installato un secondo generatore, che ufficialmente sarebbe dovuto servire in caso di malfunzionamento del primo, ma che in realtà produceva ugualmente energia». La lolla miscelata con scarti industriali, inoltre, veniva anche venduta, senza alcuna autorizzazione, per la produzione di lettiere per animali, in particolare pollame e suini, e per la produzione di pannelli di legno.

ESCLUSE INFILTRAZIONI MAFIOSE – La centrale, che si trova alle porte di Pavia, ha probabilmente immesso in atmosfera emissioni oltre il limite consentito: «E’ un filone d’indagine successivo – spiega Mereu – ciò che noi abbiamo constato, tuttavia, è che la centralina di rilevamento presente nell’impianto funzionava male: dai report non risultavano variazioni tra una rilevazione e l’altra. Impossibile non accorgersene». Le indagini condotte dal Nucleo investigativo provinciale di polizia ambientale e forestale di Pavia del Corpo forestale dello Stato, in collaborazione con personale della polizia di Stato – Gabinetto regionale della polizia scientifica di Milano e Direzione centrale anticrimine di Roma, sono durate due anni. La maxi operazione, che ha richiesto l’impiego di 250 agenti del Corpo forestale e di 25 poliziotti, è la prima nel settore delle smaltimento delle biomasse: «Sono impianti relativamente giovani ed è necassario incrementare i controlli, visto il giro d’affari che muovono, anche se questo tipo di indagini sono molto difficili, perché richiedono elevate competenze tecniche». Dell’inchiesta si sta occupando la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini: «Per ora non abbiamo elementi per affermare che sia coinvolta la criminalità organizzata, ma per legge quando un’indagine si occupa di traffico illecito di rifiuti, la competenza spetta alla DDA», conclude Mereu.

Maddalena Montecucco
17 novembre 2010

Fonte: https://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/10_novembre_17/pavia-traffico-rifiuti-riso-scotti-arresti-energia-1804189016896.shtml?fr=correlati