Dionigi Tettamanzi, il saluto di Milano al suo arcivescovo in Duomo: “E’ stato un grande maestro per tutti”

Dalla camera ardente di Triuggio per l’ultimo saluto dei fedeli e per i funerali di martedì mattina. Sala: “Troveremo il modo per rendere omaggio al suo pensiero”

E’ stato il giorno della veglia in Duomo per il cardinale Dionigi Tettamanzi, morto sabato mattina a Triuggio, la cui salma è stata composta con la veste rossa cardinalizia e, secondo la secolare tradizione degli arcivescovi ambrosiani, con gli abiti liturgici pontificali di colore bianco. L’auto con la salma di Tettamanzi è arrivata in piazza Duomo alle 15.30 e dalle 16 (fino alle 22) sarà possibile per i milanesi sostare per la preghiera e omaggiare così l’amato arcivescovo emerito di Milano. Il sagrato è stato momentaneamente chiuso al pubblico con transenne e a fianco degli ingressi principali della Cattedrale sono stati posti sei banchetti con i registri per le condoglianze. Un altro registro, per chi vuole lasciare un messaggio, è a disposizione anche davanti all’ingresso laterale. Il feretro è stato posto davanti all’altare maggiore, al suo ingresso ha suonato la campana maggiore del Duomo.

Già ieri, nella Villa del Sacro Cuore di Triuggio, dove era stata allestita la camera ardente sono state migliaia le persone che sono andate a salutarlo per l’ultima volta. Ad accogliere il feretro sul sagrato della Cattedrale, ci sono l’arciprete, l’arcidiacono, il cerimoniere ed il vice cerimoniere. Presenti i rappresentanti istituzionali di Comune, Regione e prefettura. Il sindaco di Milano Beppe Sala ha accolto il feretro con l’arciprete Gianantonio Borgonovo. E, prima di entrare, ha spiegato di voler trovare un modo per rendere omaggio al cardinale: “Mi  confronterò con la Curia e con la famiglia del cardinale: più che grandi celebrazioni sarebbe già importante ridare ordine al suo pensiero, perché lui era avanti non solo sull’attenzione agli ultimi, ma aveva anticipato anche un po’ la crisi e i suoi effetti su famiglia società e lavoro, per cui aveva fatto iniziative su famiglia e lavoro già nel 2009-2010. Quindi, già rimettere insieme i suoi insegnamenti e il suo pensiero potrebbe essere una cosa buona. E’ stato un grande maestro per Milano”.

Condividi  Davanti all’altare maggiore, l’arciprete pregherà un’orazione dal rituale, poi l’arcidiacono apporrà i sigilli secondo tradizione. Il corpo, secondo l’uso delle Esequie Ambrosiane, sarà collocato con i piedi rivolti verso l’altare del Duomo. Sulla bara è posto l’Evangeliario Ambrosiano, aperto alla pagina della Domenica di Risurrezione. Accanto arderà il cero pasquale.
Prima di dirigersi verso Milano, il corteo funebre ha deviato verso la chiesa parrocchiale di Renate, dove il cardinale Tettamanzi è stato battezzato, ha celebrato la prima messa. Davanti alla Chiesa il parroco di Renate e Veduggio don Antonio Pigliafreddi ha benedetto la salma e recitato una preghiera.

Domani alle 11 in Duomo la celebrazione dei funerali, presieduti dall’ex arcivescovo, Angelo Scola, attualmente amministratore apostolico della diocesi che al termine del Rosario celebrato alla veglia funebre ha chiamato Tettamanzi “padre e maestro” e ha aggiunto: “La personalità e la storia del cardinale, il suo essersi speso per la chiesa e per gli  uomini per lungo tempo diventi un interrogativo, in primis per me,  su come noi stiamo vivendo la nostra vita”.

I funerali verranno concelebrati dal neo arcivescovo, Mario Delpini e da tutti i sacerdoti che vorranno concelebrare, tra i quali Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il Duomo sarà aperto dalle 7 per permettere ai fedeli di entrare: ma si ricorda che c’è da superare i controlli di sicurezza, che potrebbero allungare le attese. A rappresentare la Regione Lombardia ci sarà Gustavo Cioppa, sottosegretario alla Presidenza, come annunciato da un comunicato della regione. E ci sarà anche il presidente del Consiglio regionale della Lombardia Raffaele Cattaneo.

07 agosto 2017

Fonte: https://milano.repubblica.it/cronaca/2017/08/07/news/dionigi_tettamanzi_morto_a_milano_duomo-172573575/?ref=search

Pavia, falsi incidenti con procurati aborti per incassare la polizza: dieci indagati

Gli incidenti sospetti segnalati dalla polizia stradale a Pavia, Chignolo Po, Miradolo Terme, Binasco e Codogno. Le persone sotto inchiesta sono romene e risiedono nelle province di Pavia e Lodi

Dieci persone, la maggior parte di nazionalità romena, sono indagate dalla Procura di Pavia con l’accusa di aver simulato falsi incidenti per frodare le assicurazioni e incassare i soldi delle polizze. Due donne, secondo quanto è emerso dalle indagini, si sarebbero anche procurate (in maniera volontaria e clandestinamente) un aborto con lo scopo dichiarato di aumentare l’indennizzo. A dare notizia dell’inchiesta è il quotidiano La Provincia pavese.

Le vicende finite al centro dell’attenzione degli inquirenti si sarebbero verificate nel Pavese (in particolare a Pavia, Chignolo Po e Miradolo Terme), ma anche a Binasco (Milano) e a Codogno (Lodi). Ad avviare i primi accertamenti, nel 2012, è stata la polizia stradale di Stradella (Pavia). L’indagine coordinata dal procuratore Gustavo Cioppa, partita inizialmente da un caso isolato, si è poi allargata coinvolgendo anche altri incidenti sospetti. Le persone indagate risiedono nelle province di Pavia e Lodi.

27 gennaio 2015

Fonte: https://milano.repubblica.it/cronaca/2015/01/27/news/pavia-105876633/?ref=search

Pavia, estorsioni e frodi per gli appalti al San Matteo: arrestati due imprenditori milanesi

L’operazione ha portato al sequestro di 4 milioni di euro in contanti, gioielli e orologi: nel mirino un appalto che era stato aggiudicato con un ribasso di quasi il 45 per cento alla EdilMazzei srl

Si sono aggiudicati un appalto da due milioni e mezzo di euro per lavori di manutenzione ordinaria al Policlinico San Matteo di Pavia (dal giardinaggio alla falegnameria, ma anche le riparazioni quotidiane nei reparti) presentando un’offerta al ribasso, con una percentuale di abbattimento dei costi del capitolato di quasi il 45 per cento. E per rientrare dall’investimento si sono rivalsi sulle imprese subappaltatrici, che sarebbero state costrette (dietro pesanti minacce) a restituire parte dei compensi ricevuti: le tangenti, secondo l’accusa, venivano pagate dietro l’emissione di fatture false, relative ad operazioni inesistenti emesse dall’azienda vincitrice dell’appalto. Con queste accuse sono stati fermati due imprenditori milanesi, padre e figlio, sui quali pesano le ipotesi di reati come estorsione, turbativa d’asta e frode fiscale.

Giuseppe Mazzei, 57 anni, titolare e responsabile legale della EdilMazzei srl (società di Milano che ha la sua sede operativa a Pioltello), e il figlio Antonio, 25 anni, socio dell’azienda, sono stati raggiunti dall’ordine di custodia cautelare emesso dalla Procura di Pavia ed eseguito dal comando provinciale della guardia di finanza. I loro fermi sono avvenuti dopo gli ulteriori sviluppi di un’inchiesta particolarmente complessa, in corso da mesi, coordinata dal procuratore capo Gustavo Cioppa e condotta dai sostituti Mario Venditti e Mario Andrigo. L’indagine ha consentito di accertare che la EdilMazzei srl ha potuto offrire un ribasso così consistente per aggiudicarsi l’appalto al San Matteo, in quanto il titolare era certo che si sarebbe potuto poi rivalere sui subappaltatori. E sono stati proprio i titolari di una decina di piccole imprese locali, stanchi di dover subire continue minacce e di vedere compromessa la loro attività, a denunciare questi fatti agli inquirenti.

La guardia di finanza di Pavia ha sequestrato poco meno di 4 milioni di euro in contanti, oltre a gioielli e orologi per circa 100mila euro. Erano in alcune casseforti nella ditta e nell’abitazione dei fermati. Da quanto è emerso dall’indagine (che è ancora in corso e che potrebbe portare a ulteriori sviluppi), le ditte subappaltatrici avrebbero pagato le tangenti alla EdilMazzei srl con bonifici diretti a banche slovene e croate.

Successivamente alcuni corrieri si recavano in Slovenia e in Croazia per prelevare i soldi e portarli (ovviamente in nero) in Italia. “Voglio ringraziare i miei collaboratori e la guardia di finanza per come hanno condotto l’indagine – ha rimarcato il procuratore Gustavo Cioppa – Ma il mio grazie va anche agli imprenditori onesti e ai cittadini pavesi che, con le loro testimonianze, hanno permesso di portare alla luce questo sistema di malaffare”.

04 marzo 2015

Fonte: https://milano.repubblica.it/cronaca/2015/03/04/news/pavia_estorsioni_e_frodi_per_gli_appalti_al_san_matteo_arrestati_due_imprenditori_milanesi-108730956/?ref=search

Motta Visconti, il marito: “Ho ucciso moglie e figli, poi sono andato a vedere gli Azzurri”

Dopo ore di interrogatorio è crollato: “Datemi il massimo della pena”. Il film della strage: ha fatto l’amore con lei, poi l’ha accoltellata alle spalle. La vittima urlava: “Carlo, Carlo perché mi fai questo?”

E’ una tragedia che ha lasciato sbigottiti perfino investigatori incalliti e magistrati di lungo corso quella che si è consumata sabato notte in una villa a Motta Visconti (Milano) dove un uomo, ora sottoposto a fermo, ha ucciso la moglie e i suoi due figli sgozzandoli senza pietà. Lei dopo aver fatto l’amore, i due piccoli nel sonno, in mezz’ora definita “di evidente follia ma lucida”. Un orrore che sarebbe stato abbastanza sconvolgente anche senza un ancor più raccapricciante finale: dopo la mattanza l’uomo è andato in un pub con un amico a vedere la partita dell’Italia, esultando per i gol come se niente fosse.

Cosa abbia spinto davvero Carlo Lissi, informatico di 31 anni, a commettere questa strage, a sterminare la sua famiglia, Cristina Omes, funzionaria assicuratrice di 38 anni, la figlia Giulia di cinque anni e Gabriele, il fratellino di appena 20 mesi, non è ancora del tutto chiaro. Secondo i carabinieri, che lo hanno prima sentito e poi interrogato per ore, avrebbe agito sotto la spinta di una passione morbosa per una collega, che lo respingeva facendo forse montare in lui la sensazione che la sua stessa famiglia fosse un peso, che il suo stato civile di uomo sposato si frapponesse tra lui e la felicità.

Fatto sta che l’uomo, che sulle prime aveva inscenato una sanguinosa rapina e aveva dato l’allarme al 118 rientrando a casa, intorno alle 2, alla fine è crollato nel momento in cui gli investigatori dell’Arma gli hanno contestato la sua passione per un’altra donna. Una giovane collega arrivata da pochi mesi nella multinazionale di Assago (Milano) dove lui lavorava e che a mettersi con un uomo non libero (lei che era fidanzata e appena andata a convivere) non ci pensava proprio.

Così, dopo aver creduto di essere riuscito a depistare le indagini, ed essere anche tornato a casa per cambiarsi e riposare, è stato richiamato in caserma e si è trovato sotto torchio. Mano a mano che giungevano riscontri scientifici e testimonianze la sua versione dei fatti si sgretolava. Soprattutto per aver detto di aver tentato di soccorrere la moglie e poi, di sopra, i bambini, ma nulla di quello che avrebbe toccato lungo il tragitto era sporco di sangue. Un particolare che ha fatto subito suonare un campanello d’allarme nella testa dei carabinieri. Ed era la pista giusta. Alla fine, dopo essersi preso la testa fra le mani e aver invocato per sé “il massimo della pena” Carlo Lissi “si è come lasciato andare e da quel momento è stato un fiume in piena”.

A raccontarlo sono stati, nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Milano, il procuratore capo di Pavia Gustavo Cioppa e il comandante provinciale dei Carabinieri di Milano, Maurizio Stefanizzi. “Non c’è stato un raptus o un elemento scatenante – hanno aggiunto gli inquirenti – come una lite, o una brutta notizia: Lissi ha agito in modo lucido, nonostante il folle gesto”. E mai l’uomo aveva dato adito a violenze in famiglia o a liti particolari con i conoscenti.

Sono circa le 23 quando Carlo e la moglie, Cristina, si trovano nel soggiorno della villa. I bambini dormono di sopra. I due hanno un rapporto sessuale, poi lei si adagia su un divano, a guardare la tv, e lui si alza e va in cucina. Un gesto normale, come per bere un bicchiere d’acqua, ma quando torna impugna un lungo coltello, si porta silenziosamente alle spalle della moglie e la colpisce di punta tra la gola e le spalle. Lei scatta in avanti, barcolla, si gira, lo guarda negli occhi e gli chiede “Carlo che stai facendo… perché?”, grida “aiuto” (la sua voce verrà sentita dai vicini ma scambiata per un urlo per la partita di calcio, anche se non era ancora cominciata) ma come risposta ottiene un pugno che la fa stramazzare al suolo. Una volta a terra lui la colpisce ancora con altri tre o quattro fendenti, all’addome e alla schiena. Per la donna non c’è scampo.

A quel punto l’uomo sale al piano di sopra, dove ci sono la camera matrimoniale e le due camerette dei bambini. Prima va in quella della figlia di cinque anni, le appoggia una mano sul collo e le affonda con l’altra, di punta, tutto il coltello nella gola. La piccola morirà senza nemmeno svegliarsi. Poi va nella camera grande, dove il fratellino abitualmente viene fatto addormentare per poi essere spostato in cameretta: anche a lui, di soli 20 mesi, l’uomo fa scendere la lama profondamente, di punta, nella gola, tenendo fermo il collo, mentre dorme profondamente.

Quindi scende in cantina (è ancora in mutande), si fa una doccia, risale, si veste. Ha un appuntamento con un amico per vedere la partita dell’Italia. Come niente fosse si prepara, sale sull’auto, si ferma alcune centinaia di metri dopo, si sbarazza del coltello gettandolo in un tombino, arriva al pub dell’appuntamento, saluta l’amico e guarda la partita. Poi alle 2 torna a casa, e inscena il ritrovamento dei corpi e il panico per la strage della sua famiglia da parte di sanguinari rapinatori per svaligiare la cassaforte. Ma era tutta una bugia.

La verità è che tra le 23 e le 23.30 aveva fatto mattanza dei suoi cari. Si è lavato, è salito in auto ed è andato all’appuntamento con un amico che lo aspettava in un pub del paese, lo Zymè, come da programma. “Non tremava, non era nervoso, sorrideva e parlava di calcio, come tutti, emozionato” dirà un vecchio conoscente, sentito più volte in caserma.

Adesso, nel carcere di Pavia, accusato di triplice omicidio, non esulta più. Ha capito che l’orrore che ha scatenato lo accompagnerà per sempre. Dovrà anche spiegare se la decisione di uccidere gli sia balenata in quei maledetti momenti o se invece abbia premeditato la carneficina guardando il calendario delle partite dei Mondiali nella speranza di sfruttare quell’alibi. Ma è un particolare, questo, che non cambierà lo scenario di morte che si è lasciato alle spalle.

Simone Bianchin

16 giugno 2014

Fonte: https://milano.repubblica.it/cronaca/2014/06/16/news/motta_visconti_madre_e_due_figli_piccoli_sgozzati_in_casa_nel_milanese_fermato_il_marito-89079772/?ref=search

Mamma sgozzata con i suoi due bambini

Tre corpi straziati in casa da colpi di coltello e la quiete di un paese sconvolta dalla tragedia di una famiglia distrutta. La mamma, Maria Cristina Omes, 38 anni, riversa nel soggiorno. Colpita tre volte dalla punta di una lama. «Ferite brutte, inferte con accanimento» spiegano gli inquirenti. La figlia Giulia, che avrebbe compiuto 5 anni il prossimo 25 agosto, con la gola tagliata nella sua cameretta mentre il fratellino Gabriele, 20 mesi, anche lui colpito al collo, preso in braccio e dopo il fendente appoggiato sul materasso del letto matrimoniale. Triplice omicidio, secondo i carabinieri di Abbiategrasso che indagano dalla notte di sabato, subito dopo la partita dell’Italia con l’Inghilterra, con i colleghi del nucleo investigativo di Milano, coordinati dal procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, e dal suo sostituto Giovanni Benelli. La tragedia è avvenuta a Motta Visconti. E gli inquirenti, che comunque non escludono nessuna ipotesi, hanno sentito per ore, anche nella notte, il marito della donna e padre dei due bambini, Carlo Lissi, 32 anni, informatico. È stato lui a dare l’allarme. Sabato notte, rientra a casa e scopre il massacro dopo aver visto la partita dell’Italia al Mondiale nella casa vicina di un amico, con altre 13 persone. Sono tutti testimoni concordi nel riferire che Carlo Lissi era con loro, che era arrivato alle 23,30 ed «era tranquillissimo ». Lissi telefona al 118 alle 2,10. Ma tra le sirene e i lampeggianti che svegliano il quartiere sotto shock, compaiono anche alcuni dei vicini di casa della coppia che riferiscono che loro avevano sentito Maria Cristina gridare. Qualcuno racconta che tra lei — che lavorava per la Sai Assicurazioni, era stata anche volontaria alla Croce Rossa e partecipava alle attività teatrali all’oratorio — e il marito negli ultimi mesi qualcosa non funzionasse. Si erano sposati sei anni fa, «ma adesso si stavano separando», dicono in paese. Una vicina dice di averla sentita urlare: «No! I figli no!».

L’ultima villetta angolare col giardino in via Ungaretti per la nuova famiglia coi bambini era l’immagine del posto dove si poteva stare bene. Maria Cristina l’anno scorso col marito e amici aveva risistemato il giardino, messo l’altalena per i bimbi, fissato un gazebo sul retro. Gli inquirenti, a ieri sera, erano alla ricerca di riscontri sulla prima ipotesi: quella del triplice omicidio in famiglia. «Diversi aspetti vanno chiariti, non ci sono indagati» sottolinea il procuratore capo di Pavia. Mentre il sindaco di Motta Visconti, Primo De Giuli, avvalora l’ipotesi rapina: «Nella zona la delinquenza si sta accanendo, furti e rapine sono all’ordine del giorno e non ci sono telecamere». Manca ancora l’arma dei delitti. Questa mattina nella villetta arriveranno anche i Ris di Parma per ulteriori analisi.

Simone Bianchin

16 giugno 2014

Fonte: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/06/16/mamma-sgozzata-con-i-suoi-due-bambiniil-marito-trova-i-corpi-interrogato-per-ore20.html?ref=search

Lissi cambia strategia e non risponde al pm ora la difesa punta sull’infermità mentale

OGGI il gip Annamaria Oddone deciderà se convalidare il fermo di Carlo Lissi. Lui, ieri, si è avvalso della facoltà di non rispondere mentre in serata, a Motta Visconti, tanta gente è scesa in strada per una fiaccolata in memoria di Maria Cristina Omes, che aveva 38 anni ed è stata colpita da sei coltellate – quattro al collo, una al torace e una a un braccio – e dei suoi bambini Giulia, di quattro, e Gabriele, venti mesi, entrambi colpiti una volta al collo secondo i risultati dell’autopsia all’Istituto di medicina legale di Pavia. Non ha risposto, Lissi, eppure nella caserma dei carabinieri in paese, domenica sera, aveva smesso di mentire arrendendosi davanti ai tanti gravi indizi che portavano tutti a lui, sentendosi incastrato dall’urlo di sua moglie riconosciuto dalla vicina di casa, dalle dichiarazioni dei suoi amici tutti stupiti della sua scelta di andare a vedere la partita dell’Italia con loro invece di restare a casa. Non lo aveva mai fatto, proprio per stare con la sua famiglia, hanno spiegato. Aveva iniziato a confessare tutto agli inquirenti premettendo di volere per sé «il massimo della pena». Invece, l’avvocato che adesso lo difende, Corrado Limentani, molto probabilmente chiederà per lui una perizia psichiatrica «per capire cosa è successo nella sua mente, cosa non gli ha impedito di realizzare il pensiero di uccidere i suoi cari». La strategia difensiva metterebbe in dubbio la confessione resa da Lissi nella caserma dei carabinieri, che ha portato al suo fermo. Il presupposto è che quelle “dichiarazioni spontanee” siano state rese in uno stato di «assoluta confusione mentale» che non avrebbe consentito di rispecchiare ancora la realtà. Spiega l’avvocato che Lissi «è tuttora sotto shock, assistito da uno psichiatra. Sono tre giorni che piange, piano piano sta realizzando cosa è successo: si è avvalso della facoltà di non rispondere proprio perché non ha ancora la lucidità per spiegare i fatti».

La sua ricostruzione, nella quale ha spiegato il movente dicendo che non era più felice con sua moglie e che voleva chiudere la relazione liberandosi di tutto e di tutti, combacia con i riscontri sulla scena del crimine. Lissi ha detto cose che solo l’assassino poteva sapere. La successiva messinscena della rapina è chiara anche perché lui crea senza logica un disordine diffuso in casa: apre la cassaforte con combinazione a 6 cifre, butta per terra un quadro e per aria una cassettiera della sala da pranzo, rovescia le borse di sua moglie lasciando un portafoglio rosso sul tavolo con all’interno una banconota da 50 euro, abbatte un mobiletto, rovescia dei giocattoli e poi la biancheria in camera senza aprire anche gli armadi.

La scena nella villetta si presentava terribile agli inquirenti, tanto che il procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, vuole ringraziare i carabinieri che «pur gravati da forti sensazioni a livello emotivo sono stati bravissimi. Hanno saputo fare il proprio dovere con padronanza della situazione».

Sabato a Motta Visconti sarà lutto cittadino per gli ottomila residenti, in tanti già scesi per le strade ieri sera per una fiaccolata in memoria delle vittime. Alle 10 i funerali saranno celebrati dal parroco don Gianni Nava nella chiesa di San Giovanni Battista, dove Carlo e Maria Cristina si erano conosciuti anni fa, quando lei faceva l’animatrice e cantava nel coro mentre lui giocava nella squadra di pallavolo dell’oratorio. Tutte attività passate, finite dopo la nascita della prima bambina, Giulia. La parrocchia ieri ha ricevuto dalle segreterie del Papa e del cardinale Scola un messaggio da girare alle famiglie di Carlo e Maria Cristina: «Il Papa e l’arcivescovo — spiega don Gianni Nava — hanno fatto sapere che pregano e sono vicinissimi alle famiglie sconvolte da questo tragico avvenimento che segna tutta la nostra comunità che vive questo sconforto e dolore ». Don Gianni, che aveva conosciuto Carlo e Maria Cristina l’anno scorso in occasione del battesimo del piccolo Gabriele, ha già incontrato i genitori di Carlo Lissi, Francesco e Pia. Anche loro frequentano la parrocchia, fanno i volontari: «Sono distrutti. Non pensavano di avere un figlio capace di fare una cosa del genere. Lui si era tenuto tutto dentro, non si era mai confidato. Li ha sconvolti. Io ho detto loro che appena ci saranno le condizioni intendo andare a trovare Carlo in carcere».

Oltre all’accusa di triplice omicidio volontario della moglie e dei due figli, la procura individua pesantissime aggravanti che configurano l’ergastolo, come la “minorata difesa” per le vittime (nessuna poteva difendersi, anche se la moglie aveva tentato di scappare dopo la prima coltellata) e la premeditazione. Oggi nella villetta sopralluogo dei Ris, mentre i carabinieri sentono ancora i conoscenti di Lissi.

Simone Bianchin

19 giugno 2014 

Fonte: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/06/19/lissi-cambia-strategia-e-non-risponde-al-pm-ora-la-difesa-punta-sullinfermita-mentaleMilano07.html?ref=search

Pavia, ucciso dal digiuno in cella c’è un altro medico indagato

PAVIA – C’ è un terzo indagato, nell’ inchiesta per la morte del detenuto tunisino al carcere di Pavia. È la psichiatra dell’ ospedale San Matteo di Pavia: il primo settembre rifiutò il trattamento sanitario ospedaliero proposto dal direttore sanitario dell’ istituto penitenziario nei confronti di Sami Ben Garci Mbarka che era già in sciopero della fame,e parzialmente anche della sete, da un mese e mezzo. Nel referto – dove confondendosi scrive che il paziente è «in sciopero della fame dal 17 agosto», mentre in realtà l’ astensione era cominciata un mese prima – dice che il paziente è «lucido». E aggiunge che «il rifiuto delle cure proposte pare manipolatorio e finalizzato a ottenere vantaggi secondari non specificati». Quindi: «Non sussistono allo stato elementi psicopatologici di rilievo né estremi per un Tso». Il giorno dopo, invece, il ricovero ci fu. Ma la salute di Mbarka era già compromessa e tre giorni dopo il detenuto morì. Oltre alla psichiatra sono indagati la direttrice dell’ istituto penitenziario, Iolanda Vitale, e il direttore sanitario del carcere, Pasquale Alecci, che ieri si è difeso così: «Cos’ avrei dovuto fare di più? Più che sottoporlo giornalmentea colloquio psichiatrico in istituto e a colloquio psichiatrico in ospedale, più che chiedere il ricovero? Se lo psichiatra dice: “Non vi sono gli estremi per un Tso perché è capace di intendere e di volere”, noi non abbiamo i mezzi per poter fare altro». Alecci assicura che la morte di Mbarka gli «pesa come un macigno». E lancia anche un allarme: «C’ è il rischio elevato che ci possano essere episodi di emulazione da parte di altri ristretti. E la norma giuridica non ti dà indicazioni chiare su come bisogna comportarsi. Se si dovesse presentare di nuovo un caso del genere che cosa bisogna fare?». Il procuratore capo di Pavia, Gustavo Cioppa, invita alla prudenza: «È un caso complesso, una morte che desta molte preoccupazioni perché non riguarda un cittadino libero. Per questo abbiamo nominato come periti tre specialisti di altissimo livello. Aspettiamo l’ esito della perizia prima di trarre conclusioni».

DAVIDE CARLUCCI

16 novembre 2009

Fonte: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/11/16/pavia-ucciso-dal-digiuno-in-cella.html?ref=search

Amsa compie 110 anni e festeggia con 15 mila cestini intelligenti

Tra pochi giorni partirà una nuova campagna con protagonisti i netturbini. E Milano dà l’esempio a New York e Tokyo

I milanesi litigano con l’acronimo Amsa, ma sono contenti dei servizi offerti da questa azienda (del Gruppo a2a) che per celebrare i suoi 110 anni ha inviato il conduttore Max Laudadio per strade e mercati a sondare l’umore dei cittadini. Su quell’acronimo però sono scivolati in parecchi. Poco importa. Per conoscere il modello operativo dell’Azienda Milanese Servizi Ambientali si sono mossi americani e giapponesi perché anche metropoli come New York e Tokyo hanno qualcosa da imparare da una realtà in formato più mignon come Milano, ma ambiziosa al punto da essere già una smart city da competizione. “È fiore all’occhiello dell’Italia” dice Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera nell’introdurre un compleanno speciale. Corriere e Amsa, 140 anni di vita il primo, 110 la seconda, realtà cresciute con questa città che strizza l’occhio all’innovazione e al rigore dei suoi operatori. E Valerio Camerano, ad del Gruppo a2a, lo evoca con un aneddoto. 

“Ma lei sa come sono quelli dell’Amsa? Me lo ha chiesto la portinaia, sbucata di sera dal buio, quando per errore stavo gettando dei rifiuti nel contenitore sbagliato. Ho risposto: “No”. E lei ha ribattuto: “Sono terribili””. Questione di educazione civica, e anche di rispetto da parte dei cittadini per quegli operatori “di cui si sente parlare solo quando ci sono problemi”, dice il direttore operativo Mauro De Cillis. E allora come farli conoscere? Attraverso una campagna pubblicitaria che partirà tra qualche giorno sui 1400 automezzi dell’Amsa stessa e li vedrà, uomini e donne con le loro divise addosso, promuovere il messaggio “La mattina presto sei bellissima da 110 anni”. Una città a cui piace la sua immagine e pensa a come migliorarla. Presto arriveranno 15 mila cestini intelligenti “con sensori che rileveranno il livello di reimpimento – dice Camerano – Questa informazione verrà collezionata da una unità centrale per velocizzare la raccolta dei rifiuti. Un esempio di tecnologia al servizio della città”. 

Milano è tra i leader europei per quanto riguarda la raccolta differenziata. “Nel 2017, la percentuale è stata del 54%, un risultato che fa del nostro capoluogo la prima città europea sopra il milione di abitanti a superare il 50 per cento di raccolta differenziata ed una delle migliori in assoluto insieme a Vienna”, quantifica De Cillis, volgendo lo sguardo al 2020, con l’obiettivo di toccare quota 60%. “Amsa ha saputo sviluppare con intelligenza il sistema di raccolta porta a porta e ha accompagnato i cittadini in un percorso di sempre maggior sensibilità ambientale”, dice il sindaco Giusepe Sala in un messaggio. E Camerano ricorda che la città dispone di un termovalorizzatore che fornisce energia a 147 mila famiglie. La prossima scommessa sarà “creare una piattaforma economica circolare per il trattamento dei rifiuti”, dice in un video il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti. Una filiera che partendo dalla prevenzione, passa al recupero della materia e dell’energia, e allo smaltimento. 

Per Massimo Granelli, assessore alla Mobilità e Ambiente del Comune “Milano offre l’immagine di una città in cui ogni giorno si riversano migliaia di persone e sa come competere, grazie anche a operatori che sanno dialogare sia con l’anziano sia con chi è appena arrivato e non sa parlare la nostra lingua”. “Milano anticipa i tempi, esempio che insieme si può lavorare bene – ribatte Gustavo Adolfo Cioppa, sottosegretario alla Presidenza in Regione Lombardia – Infatti, sa ospitare un napoletano come me”.

Lorenza Cerbini

7 dicembre 2017 (modifica il 7 dicembre 2017 | 12:38)

Fonte: https://www.corriere.it/tecnologia/provati-per-voi/17_dicembre_05/amsa-compie-110-anni-festeggia-15-mila-cestini-intelligenti-0dc67368-d9ec-11e7-b304-2de4b8890db8.shtml

Consegnate a 141 dipendenti le Stelle al Merito del Lavoro

Al tradizionale incontro hanno presenziato Roberto Maroni e Gustavo Cioppa per la Regione. Il governatore: «La crisi K-Flex? Intervenga il governo». Lettera e appello anche della Camusso sulla multinazionale di Roncello

«Sono orgoglioso di partecipare a questa cerimonia di consegna delle Stelle al Merito del Lavoro, un’antica onorificenza istituita nel 1898, che viene conferita a 141 lavoratori dipendenti che prestano o hanno prestato servizio nel nostro territorio regionale». Lo ha spiegato il sottosegretario alla presidenza della Regione Lombardia, Gustavo Cioppa, a margine della cerimonia di lunedì per le Stelle al Merito del Lavoro a cui è intervenuto assieme al presidente Roberto Maroni. «L’importanza del lavoro, sancita anche dalla nostra Carta Costituzionale – ha sottolineato il sottosegretario – viene testimoniata dai profili dei premiati». Anche quest’anno, ha continuato, «vengono premiati lavoratori contraddistintisi per particolari doti di perizia, laboriosità e buona condotta morale. Proprio questi valori, che stanno alla base di una condotta di vita e di lavoro corretta, devono essere tutelati e promossi sia dalla società civile che dalle istituzioni». Il sottosegretario ha voluto anche ringraziare la prefetta Luciana Lamorgese «per l’impianto austero e, allo stesso tempo solenne, della cerimonia, a testimonianza dell’importanza attribuita dalle Istituzioni all’evento».

Il governatore Maroni

«In Lombardia abbiamo avviato tante iniziative importanti a sostegno del lavoro, ma ci dovrebbe essere una pressione fiscale più bassa ma questo non dipende da noi», ha tenuto a sottolineare il presidente Maroni. Sullo scenario dell’occupazione, poi, il governatore non ha nascosto che «ci sono anche diverse situazioni che preoccupano, come quello della K-Flex, su cui bisogna intervenire ed è il governo a doverlo fare. Ribadisco – ha aggiunto – bisognerebbe avere una pressione fiscale più bassa e incentivare le aziende a rimanere sul territorio e non delocalizzare. Anche questo è uno degli obiettivi che vogliamo raggiungere attraverso il Referendum sull’Autonomia del 22 ottobre». Poi sulla crisi di Alitalia ha aggiunto: «Non credo che la vicenda Alitalia possa rappresentare un freno per gli investitori e non penso che possa creare particolari problemi in Lombardia».

(LaPresse)Il caso K-Flex

E sul caso della K-Flex, a cui ha fatto riferimento il governatore lombardo, il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha indirizzato una lettera alle lavoratrici e ai lavoratori della Kflex, azienda del comparto della gomma-plastica di Roncello (Monza Brianza) che è in fase di delocalizzazione e che ha dichiarato 187 esuberi. Nella lettera Camusso si pone «a sostegno della loro lotta in difesa del posto di lavoro, iniziata il 24 gennaio scorso». «Sono ben consapevole che oggi per voi e per le vostre famiglie non è un giorno felice come invece dovrebbe essere. Lo ricorderete per quei telegrammi che la vostra azienda ha inviato proprio alla vigilia della festa del 1° maggio. La K-Flex, senza alcuna ragione, se non quella del profitto – ha scritto ancora il segretario della Cgil – ha deciso di trasferire in un altro Paese le produzioni che da sempre svolgeva in Italia. La Cgil farà di tutto perché si trovi una soluzione diversa. Faremo pressioni sul Governo, a cominciare dal Ministero dello Sviluppo Economico, perché finalmente si facciano seri provvedimenti sulle delocalizzazioni».

Redazione Milano Online

1 maggio 2017 | 13:27

Fonte: https://milano.corriere.it/notizie/cronaca/17_maggio_01/consegnate-141-dipendenti-stelle-merito-lavoro-27742fe6-2e5f-11e7-8176-4e0249fd95d5.shtml?refresh_ce-cp

Tunisino espulso, si studiano i progetti e le coperture dell’uomo

La procura bresciana non chiude le indagini dopo l’allontanamento da Edolo di Nasreddine Ben Dhiab, 23enne tunisino che progettava attentati

«L’espulsione non significa conclusione degli accertamenti». È risoluto il procuratore generale di Brescia, Pier Luigi Maria Dell’osso, ripercorrendo l’ultima operazione antiterrorismo portata a termine nel Bresciano nella provincia di Brescia, con il fermo e il rimpatrio di Nasreddine Ben Dhiab, 23enne tunisino che progettava attentati e che con la famiglia abitava da anni a Edolo, in Valcamonica, evidenziando il lavoro ininterrotto che la Procura porta avanti insieme alle forze dell’ordine per prevenire situazioni pericolose e attentati di matrice islamica. Agenti della Digos di Brescia a Tunisi hanno consegnato il 23enne alle autorità locali che lo attendevano con un decreto di fermo che gli ha aperto le porte del carcere.

«Soggetto pericoloso»

«Il provvedimento amministrativo (il decreto di espulsione è stato firmato direttamente dal Ministro dell’Interno, Marco Minniti) è stato eseguito perché sono emersi elementi che hanno portato alla luce la pericolosità del soggetto – sottolinea il pg Dell’Osso – ma questo è solo l’ultimo di numerosi episodi che attestano una volta di più, come la Lombardia, e in particolare la Lombardia orientale, attragga l’interesse di soggetti, come quello espulso, che sono alla ricerca di contatti, incontri, relazioni, all’insegna della Guerra Santa». E l’episodio dei giorni scorsi a Sesto San Giovanni, con l’uccisione, in un conflitto a fuoco con la polizia italiana, di Amri, autore della strage del 19 dicembre a Berlino, ne è ulteriore prova, secondo il procuratore generale. Il distretto della procura di Brescia ha cominciato ad occuparsi di terrorismo nel 2003 con l’arresto di Mourad Trabelsi, allora imam di Cremona, accusato di far parte di un’organizzazione che progettava attentati alla metropolitana di Milano e al Duomo di Cremona, poi espulso nel 2008. Gli fa eco il Sottosegretario alla Presidenza della regione Lombardia, Gustavo Cioppa, già procuratore capo a Pavia, ritornando anche sui fatti di Istanbul, nei quali si è versato ancora una volta «sangue innocente, alimentando il clima di terrore. Le misure di controllo e lotta al terrorismo sono le più rigorose – continua Cioppa – vengono prese e rafforzate nella consapevolezza che devono ridurre il rischio, anche se da sole non bastano». Massima allerta, dunque, anche in provincia di Brescia, tenendo conto dei mutamenti del terrorismo, dalle Torri Gemelle a oggi, da Al Qaeda in poi. L’intento rimane immutato: diffondere la paura, «unica vera arma nelle mani dei massacratori jihadisti – afferma Dell’Osso – per questo serve adeguata capacità d’azione».

Attentati equiparabili a episodi di guerra

Il procuratore generale parla di attentati equiparabili a episodi di guerra, messi a segno in maniera così organizzata da permettere anche a una sola persona di compiere un massacro. Gruppi di terroristi disseminati in una galassia di correnti. Ma a contrastare questo pericolo in Italia c’è un sistema di intelligence «dalla capacità molto alta, e lo testimoniano le azioni compiute e a loro e alle forze dell’ordine, sempre in prima linea, va la riconoscenza di Regione Lombardia e del nostro paese – evidenzia ancora Cioppa che si augura nuovi orizzonti di pace per l’anno appena iniziato, stigmatizzando tutti gli episodi che hanno coinvolto persone innocenti. Fa appello a tutti quei valori su cui si fondano civiltà e democrazia. «Il terrorismo vorrebbe privacene e farci vivere sotto l’ incubo di una costante paura che qualcosa di grave possa accadere». E se da un lato si confida nell’intuito investigativo degli uomini dei servizi di sicurezza, dall’altro si esortato i cittadini a mantenere le proprie abitudini. «La nostra vittoria l’abbiamo già conseguita e continueremo a conseguirla soprattutto non facendoci privare della libertà di continuare a vivere serenamente la quotidianità».

Lilina Golia

3 gennaio 2017 | 10:30

Fonte: https://brescia.corriere.it/notizie/cronaca/17_gennaio_03/brescia-terrorismo-tunisino-espulso-si-studiano-progetti-coperture-dell-uomo-57c2a45a-d196-11e6-a55b-632cc5cf8e9f.shtml