Il magistrato nell’aprile 2018 era stato indagato per favoreggiamento e abuso di ufficio in un’inchiesta sulle tangenti nella sanità lombarda. Dopo un anno e mezzo la procura di Milano ha archiviato la sua posizione, accogliendo la richiesta del pm secondo cui non ci sono elementi per procedere: Gustavo Cioppa è estraneo alle mazzette.
È l’incubo di qualunque uomo dello Stato: essere indagati in un’inchiesta per tangenti. Se poi nel fascicolo si finisce da innocenti, diventa un inferno. In un attimo la prospettiva di vita cambia, i (falsi) amici ti girano le spalle, la stampa ti trasforma in un mostro, chi ti odiava usa l’arma del sospetto per annientarti.
L’ultimo anno e mezzo è stato così per Gustavo Cioppa, l’ex procuratore di Pavia che dopo oltre 50 anni nella macchina delle Istituzioni si è trovato implicato in una brutta vicenda di mazzette in un’indagine sugli illeciti nel settore della sanità lombarda in relazione agli ospedali Gaetano Pini e Galeazzi. Lui, che era abituato a firmare gli atti d’inchiesta, nell’aprile 2018 si è trovato tra gli indagati per favoreggiamento e abuso di ufficio. Gli è crollato il mondo addosso ma non si è mai arreso, è perfino riuscito a mantenere il senso dell’umorismo.
“Estraneo alla vicenda”
La luce è tornata ieri mattina, quando il giudice per le indagini preliminari ha accolto la richiesta del pubblico ministero Eugenio Fusco, dichiarando insussistenti i presupposti per promuovere un’azione penale nei suoi confronti, che all’epoca dei fatti contestati era sottosegretario alla presidenza della Regione Lombardia durante la giunta presieduta da Roberto Maroni. Nell’inchiesta, coordinata dai pm Fusco e Letizia Mannella, si parlava dei rapporti tra Cioppa e il primario del Cto-Pini Giorgio Maria Calori, arrestato nel 2018. Il gip scrisse che il magistrato in pensione «è apparso una sorta di referente e portavoce negli ambienti della Regione degli interessi di Calori e, di conseguenza, dei soggetti a lui vicini (pubblici e privati) risultati implicati a tessere la medesima trama affaristica». Non era vero nulla.
La fine dell’incubo
A un anno e mezzo da quelle parole, la posizione di Cioppa, che tra i tanti casi seguiti nella sua carriera si è occupato anche dell’omicidio del magistrato Bruno Caccia, è stata definitivamente archiviata.
«Sono molto soddisfatto perché si è finalmente conclusa una vicenda una vicenda che mi ha profondamente ferito – ha commentato entusiasta – Sono stato un uomo al servizio delle Istituzioni per oltre cinquanta anni e l’essere stato giudicato completamente estraneo ai fatti di indagine è per me motivo di grande soddisfazione e rafforza la mia fiducia nelle Istituzioni tutte e nella magistratura in particolare, che ho sempre servito con impegno e lealtà».
La carriera tra omicidi e casi internazionali
L’ultima parte della carriera Cioppa l’ha trascorsa alla procura di Pavia, dove si è occupato – tra gli altri – dell’omicidio architettato da Carlo Lissi, il giovane padre di famiglia che il 14 giugno 2014 uccise moglie e due figli nella propria villetta di Motta Visconti (Pavia). Si era innamorato di una collega e, sebbene il sentimento non fosse ricambiato, pensò che eliminare la propria famiglia potesse essere l’unico modo per vivere con lei.
Nel curriculum di Cioppa c’è anche la vicenda del fotogiornalista Andrea Rocchelli, che sempre quell’anno (il 24 maggio) venne ucciso da un colpo di mortaio esploso ad Andreevka, nelle vicinanze della città di Slovjansk, nell’Ucraina orientale. Un caso internazionale che si è concluso il 12 Luglio 2019 con la sentenza della Corte d’Assise, che ha condannato a 24 anni Vitaly Markiv.
di Salvatore Garzillo