Confermata la massima pena per P.P., quarto imputato nel processo ai responsabili del delitto di Gioacchino Lombardo
Milano, 10 giugno 2015 – Per l’omicidio di Gioacchino Lombardo la Corte d’Appello di Milano ha condannato all’ergastolo P.P., 51 anni, originario di Torre Annunziata (Napoli), confermando la condanna che era stata emessa un anno fa dalla Corte d’Assise di Pavia che aveva accolto le richieste del pubblico ministero Roberto Valli. Quella di P.P. è la quarta condanna per l’omicidio di Gioacchino Lombardo, il 51enne di Brescia trovato morto nel luglio del 2003 in un’auto data alle fiamme alla frazione Zelata di Bereguardo ( Pavia). In precedenza erano stati condannati a 30 anni, dopo giudizio abbreviato, i due fratelli di P.P.: G.P., 43 anni, e C.P., 42 anni. V. Lombardo, oggi 37enne, figlio della vittima, era stato condannato a 16 anni sempre dopo rito abbreviato.
La vicenda, come detto, risale all’estate di 12 anni fa. Tutto era nato a causa di una donna, contesa tra Gioacchino Lombardo e suo figlio. Gioacchino fu brutalmente pestato a casa del figlio al Villaggio Prealpino di Brescia. L’uomo fu poi caricato in macchina e portato fino a Bereguardo (Pavia), dove la vettura venne data alla fiamme. Per tutti e quattro gli imputati c’era stata una sentenza di condanna di primo grado, emessa nel 2010 dal Tribunale di Brescia, con le accuse di tentato omicidio, omicidio colposo e rogo doloso. Una condanna che era stata poi cancellata, dopo che la Corte d’Appello aveva accolto la richiesta di valutare gli episodi contestati come omicidio volontario. Nel 2012 l’inchiesta è passata da Brescia a Pavia. E proprio in seguito alle indagini condotte dalla Procura di Pavia, guidata dal dottor Gustavo Cioppa, sono stati di nuovo arrestati i tre fratelli Palumbo. Gli accertamenti condotti dagli inquirenti pavesi hanno permesso di stabilire (grazie anche a rilievi scientifici) che Gioacchino Lombardo morì nel rogo dell’auto alla frazione Zelata di Bereguardo ( Pavia) e non (come era stato ipotizzato inizialmente) per le ferite riportate durante l’aggressione. La conferma è arrivata anche dall’autopsia, che ha rilevato tracce di fumo nei polmoni della vittima, confermando che fu proprio l’incendio ad ucciderlo. L’accusa è cosi passata da tentato omicidio e omicidio colposo a quella, ben più grave, di omicidio volontario.