Il gip: «Voleva liberarsi dei legami familiari, è senza emozioni». L’ordinanza ripercorre le fasi dell’uccisione di moglie e figli
Il papà assassino di Motta Visconti ha agito «con piena lucidità e convinzione», s’è mostrato «privo di sentimenti e incapace di mostrare emozioni» e anche durante l’interrogatorio di garanzia «è apparso totalmente indifferente all’accaduto». Le parole del gip di Pavia, Anna Maria Oddone, sono la conclusione di sei pagine di indizi e accuse che motivano l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Carlo Lissi, il 31enne che sabato sera ha ucciso a coltellate la moglie Maria Cristina Omes e i figli Giulia, di quasi cinque anni, e Gabriele, di soli venti mesi.
Secondo il giudice, Lissi «ha agito contro natura per liberarsi dai vincoli familiari» preferendo «uccidere la moglie piuttosto che affrontare il pur difficile percorso della separazione». Per il magistrato del Tribunale di Pavia – competente per la zona di Motta Visconti – «ciò che è ancora peggio, è il fatto che abbia voluto uccidere i figli dai quali non si sarebbe “liberato” neppure se avesse abbandonato la moglie».
La «doppia versione»
L’informatico, assistito dall’avvocato milanese Corrado Limentani, durante l’interrogatorio di garanzia di mercoledì s’è avvalso della facoltà di non rispondere. Ha preferito non ripetere la doppia confessione di domenica sera. Prima quella durante le spontanee dichiarazioni davanti ai carabinieri del Nucleo investigativo, poi quella davanti al sostituto di Pavia, Giovanni Benelli, e al procuratore capo, Gustavo Cioppa. Parole riportate nell’ordinanza di custodia cautelare e che descrivono le due facce di Lissi. Quella del marito affranto che «regge la parte» davanti ai carabinieri che lo interrogano subito dopo aver trovato i corpi in casa, di ritorno dalla partita della Nazionale. Una testimonianza piena di lacune e punti di «incongruenza» talmente grandi da far da subito escludere agli inquirenti che il triplice omicidio possa essere maturato al di fuori dell’ambito familiare. Poi, quando i carabinieri gli fanno il nome della collega di lavoro della quale s’era invaghito, Lissi confessa: «Dopo che io e mia moglie abbiamo fatto l’amore sul divano sono andato in cucina, ero in mutande. Ho preso da un cassetto un coltello da cucina a lama liscia con manico marrone. Parlo di un coltello grande, non di quelli che si usano per il pasto». Dopo aver colpito la moglie, infierisce sui figli. «Subito ho iniziato a mettere in disordine la casa per simulare una rapina, forse avevo già iniziato a farlo dopo aver ucciso mia moglie».
«Anomalo concetto di libertà»
Nel racconto dell’orrore, il padre assassino si sofferma su alcuni dettagli: «Preciso che per tenere in mano il coltello avevo usato due stracci da cucina. Ho fatto cadere il coltello in un tombino, credo di aver sentito il rumore dell’acqua quando è caduto. Ho proseguito lungo la strada e all’altezza di un ponte ho abbassato il finestrino destro e ho lanciato i due stracci in direzione del fiume che scorre sotto a un ponte». Il legale nei prossimi giorni chiederà una consulenza psichiatrica per chiarire le condizioni di salute del 31enne. Sabato mattina a Motta Visconti ci saranno i funerali delle tre vittime. Scrive il gip Oddone: «Nel vivere quotidiano ogni persona è sottoposta a vincoli e obblighi, siano imposti dall’esterno o auto assunti, come quelli derivanti dal matrimonio o dalla procreazione. Lissi ha maturato un concetto di libertà che non prevede il rispetto dei limiti: siano essi derivanti dalla libertà altrui o dalla sopravvivenza di coloro che lo circondano. Anche una situazione di totale normalità potrebbe indurre l’indagato a eliminare coloro che a suo parere ostacolano il raggiungimento dei suoi fini».
Cesare Giuzzi
20 giugno 2014 | 09:17