Un nuovo inizio o l’inizio della fine? 

A quanto sembra, l’intelligenza artificiale si sta evolvendo assai rapidamente, molto più velocemente di quanto non possa fare l’essere umano. Lo scorso anno Open AI aveva lanciato l’ultima grande innovazione nel campo dell’intelligenza artificiale, aumentando le dimensioni dei suoi modelli fino a proporzioni vertiginose, con GPT-4. L’azienda, più recentemente, ha annunciato un nuovo passo avanti: la creazione di un modello dalle dimensioni maggiori, capace di ragionare in modo autonomo, non solo rispondendo a domande dirette fatte da un utente, ma anche di risolvere problemi di logica complessi, del tipo: “Tizio ha l’età che Caio avrà quando Tizio avrà il doppio dell’età che Caio aveva quando l’età di Tizio era la metà della somma delle loro età attuali. Qual è l’età di Tizio e quella di Caio?”. Come è intuibile, questa nuova forma di intelligenza artificiale, pur sapendo risolvere problemi di logica complessi, sembra non in grado di affrontare con maturità intellettuale problemi di natura etica, giuridica, sociale e filosofica, come meglio si dirà. La contemporanea creazione di androidi capaci di pensare da soli ed elaborare autonomamente dei sentimenti, porta inoltre a rilevantissimi interrogativi, come, ad esempio, se la natura di questi sentimenti sia equivalente a quella umana e in che modo si possa attribuire il carattere della proprietà, per così dire della “suitas”, a una creatura artificiale, cioè priva di anima. In altre parole, viene ora messa in crisi la tradizione che, con Socrate e Platone (ma probabilmente, secondo alcuni, già con Omero, che nell’Iliade fa uso del termine “pshykè” forse intendendolo non come mero spirito vitale ma come qualcosa di metafisico) ravvisava la peculiarità dell’essere umano nella presenza, in un corpo, di un’anima, di qualcosa cioè che elevava questo da tutti gli altri esseri viventi. Il tema è peraltro quello della (non) prevedibilità delle conseguenze di tale ipervelocizzazione dei processi e di questa capacità delle forme di intelligenza artificiale di evolversi da sé. Il rischio è infatti che all’uomo possa sfuggire il controllo su queste forme di intelligenza ormai, inutile dirlo, superiori. Vi è allora il pericolo che la creatura, resasi conto di possedere facoltà intellettuali superiori a quelle del creatore, si ribelli ad esso, reclamando il predominio sul pianeta e, potenzialmente, riducendo in schiavitù il suo artefice o uccidendolo, come spesso ci viene rammostrato nei film fantascientifici. Il grave pericolo cui si va incontro è quello allora, vieppiù, della distruzione dell’intero pianeta, per mano peraltro di una creazione umana. Si devono comunque fare delle precisazioni su cosa si debba intendere per capacità di questa nuova intelligenza artificiale di “pensare da sola”. Infatti, l’assunto è predicabile con riferimento a problemi di logica, di logica matematica, di logica fisica, o comunque di quesiti che sottendano un quadro matematicamente predeterminabile. Più difficile è l’attribuzione del predicato nel caso di questioni etiche, psicologiche e filosofiche, le quali, stante il loro carattere “letterario” e prettamente umano, difficilmente appaiono risolvibili da un’entità che ragiona secondo schemi certi e predeterminati. Così, ci si può chiedere come siano definibili da un androide le nozioni di “bene” e di “male”, come sia da esso concepibile il ruolo della filosofia e come siano spiegabili gesti di altruismo e solidarietà, che sono per definizione non predeterminabili e non rispondenti a criteri di utilità materiale. In tal senso, occorre ancora interrogarsi su questioni complementari, come, ad esempio, come questa creatura possa elaborare le nozioni di piacere e di dolore, se possa percepire ansia per l’approssimarsi della sua fine e se, essendone a conoscenza, cercherebbe di evitarla o la accetterebbe come dato ineludibile, se sia concepibile, nella sua mente, compiere atti che danno piacere ma svantaggiosi economicamente, come ad esempio praticare sport, andare al cinema, al teatro o in discoteca, sposarsi e avere figli. Ci si deve inoltre chiedere, come accennato, se questa forma di intelligenza sarebbe in grado, ad esempio, di fornire risposte a quesiti di natura filosofica o giuridica, come il significato di “giustizia”, la natura giuridica della risoluzione del contratto o della mora del creditore o del debitore o se sia ammissibile l’incerta figura civilistica dell’autorizzazione
o, ancora, se sia ammissibile la, parimenti incerta ipotesi, del mandato ad alienare, o, ancora, una delle questioni più complesse in campo filosofico: se la natura dell’essere umano sia buona (Locke, Terenzio) o, viceversa, malvagia (Hobbes, Plauto). Si può dubitare inoltre che questa forma di intelligenza, per quanto raffinata, possa per sua volontà scrivere delle poesie, dei trattati giuridici o filosofici, dei romanzi, oppure mettersi a pregare e ad andare in chiesa. Certamente, la coscienza è cosa diversa dalla capacità di pensare in modo autonomo. Sembra, insomma, che questa forma di intelligenza artificiale resti appunto, pur sempre, artificiale, e dunque incapace di essere “creatrice”, “poetica”, “filosofica” e “metafisica”. Sembra insomma che essa si palesi quale un grande e potente drago che tuttavia è incapace di volare verso i cieli dell’iperuranio. I problemi centrali del caso in esame attengono proprio a questo: se siano predicabili gli attributi della coscienza e della volontà in capo a una forma di intelligenza non umana. Anche a voler fornire risposta positiva, resta comunque un dato ineludibile: che l’intelligenza, intesa come mera capacità di accumulo di nozioni e capacità, anche assai elevata, di ragionamento, è cosa diversa dalla ragione, ossia dall’intelletto orientato all’etica (S.Tommaso d’Aquino), al punto che, come è stato detto dalla filosofia tomistica e dalla teologia medioevale, in assenza di un’anima incorporata in una creatura terrena, nemmeno potrebbe parlarsi di ragionamento, nozione che affonda le sue radici in quella di “ragione” e non in quella di mera “intelligenza”. Inoltre, l’attributo della coscienza implica quello di categorie squisitamente metafisiche, quali quelle di “diligenza”, “senso etico”, “responsabilità” e “autoresponsabilità”. Chiaro è infatti che una coscienza priva di senso etico e di responsabilità sarà sempre una coscienza negativa e malvagia, nemmeno autonomamente concepibile come coscienza e ragione sotto il profilo filosofico, quanto piuttosto quale “non essere” e “carenza di bene”. Se non pochi problemi pone l’elemento della coscienza, non meno ne postula quello della volontà, specie in relazioni a grandi categorie giuridiche, che presuppongono al centro l’azione umana, come la causalità penalistica e quella civilistica. Ci si deve cioè chiedere se questa forma di intelligenza artificiale così evoluta e capace di ragionare da sé possa rispondere di un fatto di reato. Il confronto è allora da effettuarsi in relazione al duplice piano dell’imputabilità e della causalità, nonché, ulteriormente, a quello della colpevolezza. Sotto ad esempio il profilo dell’imputabilità, requisito imprescindibile per l’ascrizione di un fatto di reato, l’art. 85 secondo comma del codice penale sancisce che “è imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere”. Per quanto si è detto, la definizione di queste nozioni in capo all’AI appare assai problematica, poiché non è detto che, pur essendo ad essa tali attributi astrattamente predicabili, essi siano di identica natura di quelli ravvisabili in capo all’essere umano. Quanto al tema della causalità, si rende necessario un preliminare confronto con le teorie classiche che si sono formate sul tema. Così, secondo la teoria della condicio sine qua non e la teoria naturalistica, la risposta dovrebbe essere affermativa, poiché tale teoria considera rilevanti solo gli accadimenti del mondo naturale e materiale. Secondo, invece, la tesi della causalità umana (Antolisei), la risposta dovrebbe essere assolutamente negativa, poiché, secondo questa tesi, è rilevante solo ciò che è umanamente controllabile, che cioè rientra nella signoria causale dell’evento propria solo dell’essere umano. Più problematico appare l’inquadramento del problema nelle maglie della tesi della causalità adeguata, la quale considera rilevante quello che accade di regola nel mondo umano e naturale, serie causale di accadimenti che però sarà completamente diversa dalle regole di generalità e dalle massime di esperienza che governano il mondo robotico. Sotto il profilo della colpevolezza, si deve poi rilevare come sarebbe assai arduo predicare teorie distintive come la teoria psicologica e la teoria normativa della colpevolezza in capo a un’entità oggettiva e non propriamente qualificabile come “soggetto”, quale è l’androide, con conseguente problematica inferenza in capo all’intelligenza artificiale del divieto di imputazione per responsabilità oggettiva (su cui v. Corte Costituzionale sentenza n. 364/1988). Ancora più problematica risulta la configurabilità di un ipotesi di c.d. autore mediato, ossia di quell’ipotesi bene descritta dall’art. 48 del codice penale, secondo cui le disposizioni in tema di errore (art. 47 c.p.) si applicano anche se l’errore sul fatto che costituisce il reato è determinato dall’altrui inganno, con la previsione che “del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l’ha determinata a commetterlo”. Appare cioè difficile declinare le nozioni di “errore” e “inganno” in relazione a un’ente che agisce secondo stimoli esterni o comunque caratterizzato da un intelletto con caratteristiche diverse da quello umano, posto che le norme penali sono state pensate in relazione all’intelletto umano, dovendosi, con riferimento all’AI, allora, riscriversi l’intero ordinamento (!). Resta peraltro rilevantissimo il problema della certa identificazione dell’autore nei reati informatici, come la truffa a mezzo di strumenti informatici e l’accesso abusivo a sistemi informatici. L’identificazione dell’autore, già complessa in caso di autore umano, si renderebbe ancora più difficoltosa, infatti, in ipotesi di loro causazione da parte di un androide, dietro il quale potrebbe celarsi una figura umana che abbia, in ipotesi, organizzato l’intero disegno criminoso. Si renderebbero inoltre necessaria l’adozione di nuove definizioni di “dolo”, “colpa”, “diligenza” e “negligenza”, oltre a una inevitabile riscrittura di tutte le laboriose sentenze elaborate circa, ad esempio, la distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente e in tema di concorso esterno nel reato, sotto tale ultimo profilo risultando infatti pressochè impossibile l’accertamento giudiziale della presenza o meno dell’elemento soggettivo costituito dall’”affectio societatis”. Insomma, per quanto evoluta e raffinata possa essere, una macchina resterà sempre una macchina, dovendosi, viceversa ragionando, riscriversi il sistema intero. Ci si può anche porre il quesito rappresentato dalla fonte concettuale di tale avanzamento tecnologico ormai privo di significato etico e anzi controproducente, quanto ai pericoli per la sicurezza umana e per la potenziale ribellione di queste macchine. La risposta può forse rinvenirsi in uno stravolgimento del modo di pensare dell’essere umano moderno e in un estremo propagarsi di una forma di egoismo senza limiti, rappresentato dall’elogio smisurato della “volontà di potenza” (Nietszche) e dall’espansionismo dell’”io”, di cui la realtà sarebbe mera propagazione (Hegel). Tali pericoli concettuali erano ben noti al filosofo Heidegger, che, in una celebre intervista al giornale tedesco “Der Spiegel”, definiva l’essere umano contemporaneo come “inquietante”, perché dimentico di autentiche forme etiche, incapace di formulare un sistema di linguaggio e incapace di ragionamenti, ma solo di connessioni di parole. Proprio qui sta il tema e la risposta: che solo l’essere umano può ragionare, cioè pensare in modo etico e agire in modo eticamente orientato (S.Tommaso d’Aquino). Perso tale attributo, l’essere umano finisce per perdere la propria identità morale, divenendo qualcosa d’altro: una macchina dalle sembianze umane probabilmente. Ma una macchina è solo capace di intelletto…non di ragione.

Fonte: https://magazine.wikimilano.it